POMARICI SANTOMASI FAMIGLIA
La famiglia Pomarici non è originaria di Gravina: solo un ramo, che da poco più di un secolo si era stabilito a Montepeloso, si trasferì in Gravina alla fine del decimo ottavo secolo. Altri due rami della stessa famiglia vivono a Matera e ad Anzi; entrambi però sono usciti di parentela fra loro come col ramo di Gravina, ma provenienti tutti da un unico ceppo sono contraddistinti da una nota di signorilità, che è stata caratteristica precipua della famiglia, rispettata sempre e dovunque.
Sin dal 1500 troviamo la famiglia annoverata fra le nobili del Regno per la concessione di una Baronia ad un Andrea Pomarici, che, per mancanza di altre notizie, io devo indicare come capostipite della famiglia.
Nei primi anni del 1500 fu nominato Barone di Zangarone in Calabria Andrea Pomarici di Matera, che tenne la Baronia, sino alla sua morte, avvenuta nel 1567.
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Siamo all’epoca di Carlo V, quando, per le grandi guerre sostenute, non erano apprezzati che i soli servizi militari; ciò mi fa arguire che Andrea sia stato ufficiale di quell’esercito.
Ettore invece trasferì la dimora in Anzi in seguito a matrimonio con una Laura Columodia di quella città e visse fino al 1656. Figliuoli di Ettore furono: Ferdinando, Biagio ed AureIio.
Ferdinando, che per ordine di elencazione nelle memorie deve ritenersi il primogenito, trasferì la sua dimora a Montepeloso; Biagio ritornò all’antica sede della famiglia, Matera; Aurelio rimase ad Anzi. Con questi tre fratelli si inizia la tripartizione della famiglia, fissandosi in Montepeloso il ceppo primogenito, dal quale sono poi derivati i Pomarici di Gravina.
Ferdinando fu militare ed è qualificato nelle memorie di famiglia come capitano. A Montepeloso sposò una Eufemia Lombardi, e forse va ricercato nel matrimonio il motivo del suo trasferimento in tale città. Egli visse sino al 1698. I coniugi ebbero sei figliuoli: Nicola, Giovanni, Francesco Paolo, Anna, Eufemia e Laura.
Nicola, seguendo l’esempio del padre, abbracciò anch’egli la carriera militare, rimpatriò e sposò una Angela d’Armati di Montepeloso.
Egli visse sino al 1746 ed ebbe sei figliuoli: un Ferdinando, un Domenico Antonio, una Caterina, sposata ad Oronzo Santomasi di Gravina, ed altre tre figliuole, rimaste probabilmente nubili: Laura, Eufemia, Beatrice.
Ferdinando, primogenito del Capitano Nicola, sposò una Margherita Pomarici, che non so dire a quale dei due rami appartenesse, se cioè a quello di Matera o a quello di Anzi: questi coniugi ebbero numerosi figlioli, sei maschi e otto femmine e la circostanza è tanto più notevole in quanto che noi troviamo deceduto Ferdinando nel 1760, quattordici anni cioè dopo la morte del padre. I suoi figliuoli furono, Nicola, Giuseppe, Giovanni, Domenico Antonio, Paolo e Francesco Saverio: le figliuole Angela, Eufemia, Laura, Beatrice, Marianna, Maria, Giuseppa, Maria Giovanna, Mariangela.
Diremo di Domenico Antonio, quarto figliuolo di Ferdinando. Egli sposò una Costantina Ilteris, appartenente alla nobile e ben nota famiglia di Bitonto.
Nacquero da questo matrimonio Ferdinando, Francesco Nicola, Donato Antonio, Margherita ed Anna. Donato Antonio ancora bambino fu chiamato nel 1770 in Gravina, ed adottato come figlio dalla zia Caterina Santomasi.
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La famiglia Santomasi di Gravina, senza potersi elencare fra le famiglie nobili nel vero senso della parola, è stata sempre annoverata fra le più ricche e le più distinte della città, legata in parentela con elementi notevoli.
Ebbe sempre un tono di vita signorile, ciò che è dimostrato dalla casa avita con le vecchie pitture, con il bel portone ad architrave artistico.
Oronzo Santomasi aveva avuto da Caterina Pomarici tre figliuoli, dei quali il primo era entrato nella Compagnia di Gesù e gli altri due ancor giovani vivevano con i vecchi genitori – quando sventuratamente morirono in uno stesso giorno, in circostanze imprecisabili. Caterina, rimasta sola, chiamò il pronipote Donato Antonio Pomarici, che poi adottò in forma legale. Curiosa circostanza è che col passaggio di Gravina e con l’atto di adozione, che fa aggiungere al giovinetto all’antico cognome Pomarici quello di Santomasi, sparisce il suo primo nome di Donato: da quella data per tutto il resto della sua vita egli si fa chiamare e si firma solamente Antonio.
Antonio Pomarici Santomasi fu un fine gentiluomo di provincia. Sposò giovanissimo una sua parente di Montepeloso, Antonia d’Armati, anch’essa quasi bambina; da queste nozze nacquero Giuseppe, Ferdinando, Nicola, Marianna.
Il matrimonio però non fu di lunga durata, perchè la signora Antonia morì ancora in giovane età.
Dopo una lunga vedovanza, Antonio Pomarici Santomasi, verso il 1810, contrasse un secondo matrimonio con la nobile sig.na altamurana Caterina de Samuele Cagnazzi, figliuola del Dott. U. J. Giuseppe e di Elisabetta de Gemmis e nipote dell’Arcidiacono Luca, che era al principio della sua carriera di scienziato e d’inventore. Da questo secondo matrimonio nacque Luca, Ippolito, Domenico Antonio, Mariangela, Elisabetta, Giovanna e Maria.
Qualche anno dopo il giovane Giuseppe Pomarici Santomasi, primo figliuolo della d’Armati, contrasse matrimonio con una sorella della matrigna, Giovanna de Samuele Cagnazzi, e, poichè lo zio Arcidiacono si trasferì in quegli anni stessi a Napoli, la giovane coppia l’accompagnò e si stabilì in quella città, che non abbandonò per tutta la vita.
Imbattutici con un personaggio della levatura di Luca de Samuele de Cagnazzi non possiamo trascurare di fermarci a parlare di lui, e ne trarremo tutti conforto, trattandosi di uomo che fa onore alla patria ed a tutto il suo parentado.
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Luca de Samuele Cagnazzi, nato in Altamura il 1764 passò in patria la gioventù, affermandosi sin da giovane uomo di eccezionale valore. In Altamura avevano, con lodevole pensiero, raccolti dei fondi per riscattare la città dalla suggezione feudale, ma dopo la conquista del Regno da parte di Carlo di Borbone, essendosi raggiunto lo scopo per altra via, rimase disponibile la somma raccolta, che per l’iniziativa di un Vescovo illuminato, e con la cooperazione di cittadini intelligenti e colti, fra i quali va annoverato in prima linea l’Arcidiacono Cagnazzi, si fondò una Scuola Superiore, alla quale fu dato il nome di Università, e dove il Cagnazzi insegnò matematica e fisica.
Fu poi egli coinvolto nei moti del 1799, e, dopo la Restaurazione, esiliato: per qualche anno peregrinò in Italia ed anche all’Estero, fino a che potette tornare nel Regno, fissando la sua dimora a Napoli, ove poi, all’epoca di Re Gioacchino, fu Ministro e Professore della R. Università, insegnandovi, forse primo in tutta l’Italia, certamente primo nel Regno di Napoli, Economia Politica e Statistica. Dopo la caduta di Re Gioacchino il Cagnazzi abbandonò la politica, ma conservò l’insegnamento alla Università. Nel 1848 fu eletto Deputato e Vice Presidente della Camera; in tale qualità presiedette la memorabile seduta del 15 maggio e ne subì dolorose conseguenze.
Alcuni anni prima aveva egli inventato un apparecchio per la produzione meccanica dei suoni, che chiamò fonografo. Nel secondo Congresso degli Scienziati, tenutosi in Firenze il 15 settembre 1841, egli presentò l’apparecchio a quei dotti, che ne furono ammirati, e poi lo donò a quella Accademia, che rincrescevolmente non ne tenne il debito conto. Con piacere ho letto che proprio in questo anno si è rintracciato lo strumento, e che si cercherà di ricostruirlo, rivalutando la fama del dotto inventore e rivendicando all’Italia il giusto vanto della invenzione del fonografo.
Fra i suoi vanti vi è da annoverare anche quello di aver scoperto il genio musicale del Mercadante, suo concittadino, e di averlo aiutato a valorizzarlo.
Morì nel 1852 in circostanze pietose per la persecuzione politica di cui fu vittima.
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Da Giuseppe Pomarici Santomasi e da Giovanna de Samuele Cagnazzi nacquero in Napoli due maschi, Achille che fu musicista ed uomo di grande spirito: egli ha vissuto sino a pochi anni or sono, ritenuto nella signorilità napoletana un esponente di eleganza e di spirito; pubblicò un trattato di musica col titolo « La musica resa popolare » del quale vi è una copia nella Biblioteca di Gravina; e Nicola, morto giovane poco dopo il 1860, Ufficiale dello Esercito Italiano: entrambi non aprirono famiglia. Unica figliuola femmina di Giuseppe fu Adele, che sposò un Chamberon di origine francese, valoroso insegnante.
Dei figli del secondo letto di Antonio Pomarici Santomasi aprì famiglia solamente Luca. Ippolito morì vecchissimo nel 1910. Domenico Antonio fu invece un artista di animo espansivo e di una apprezzabile cultura.
Delle femmine Mariangela sposò l’Ing. Antonio de Grecis, Elisabetta Francesco Polini di Gravina, Giovanna il Cav. Serafino Santoro di Bitonto e Maria Luigi Sagariga di Giovinazzo.
Antonio organizzò in Gravina la sua casa in forma signorile tanto da poter ricevere nel viaggio che il Re Ferdinando IV fece in Puglia nel 1797, alcuni personaggi della Corte fra gli altri il Ministro Acton, che era allora all’apogeo della sua potenza.
Morì vecchissimo nel 1853 rimpianto dalla famiglia e dalla cittadinanza.
Dopo la sua morte colui che assunse la rappresentanze della famiglia Pomarici Santomasi fu il figliolo primogenito del secondo matrimonio Luca, così chiamato per ossequio allo zio Arcidiacono. Fu egli uomo di grande cultura, felice ed elegante parlatore e di prestante figura. Sposò Carolina Calderoni.
Dal matrimonio nacquero quattro maschi: Antonio, Michelangelo, Carlo ed Ettore e sette femmine: Caterina, Giovanna, Maria Giuseppa, Maria Costantina, Maddalena, Laura e Francesca.
Antonio, Michelangelo e Carlo morirono in giovine età, anzi Carlo nella infanzia.
Le femmine ebbero questi imparentamenti: – Caterina sposò Giovanni Moretti di Crema, Giovanna Francesco Prati di Lecce, Maria Giuseppa Domenico Sangiorgio di Canosa, Maria Costantina Saverio Pellicciari di Gravina, Maddalena Nicola Benchi anch’egli di Gravina, Francesca Domenico Martucci di Altamura.
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Ettore Pomarici fu avversario deciso e tenace di ogni competizione politica o amministrativa e non volle mai accettare alcuna carica pubblica, ad eccezione di quella di Consigliere della locale Banca Agraria.
Nel 1884 contrasse matrimonio con la nobile signorina Maria Porro di Andria, bellissima, ricca e di carattere dolcissimo. Le nozze furono allietate dalla nascita di tre bambini oltremodo graziosi: Luca, Lina, Michele.
La Lina morì ancora adolescente nel 1898. Nel 1902 Ettore contrasse un secondo matrimonio con la nipote Ida Benchi di Nicola.
Michele crebbe sempre sano e robusto: prese in moglie la nobile signorina Teresa Pellicciari di Francesco Paolo. Tutto sembrava un sorriso, quando un male, sopraggiunto inaspettato, uccise il caro giovane nel dicembre del 1912.
Dal matrimonio di Michele Pomarici Santomasi con Teresa Pellicciari sono nate le tre gentili fanciulle, che sono oggi centro dell’affetto di tutto il parentado: Lina, Francesca e Michelina.
Ettore Pomarici Santomasi morì il 7 dicembre del 1917, lasciando alle nipoti il suo patrimonio, ma volle costituire alcuni legati di cui uno a favore della città per la costituzione di un Museo, di una Biblioteca e di una scuola di Agraria e di Caseificio.
Di queste tre creature allevate all’ombra delle migliori tradizioni familiari di bontà e gentilezza, Carolina è andata sposa al giovane Conte Federici di Napoli, Michelina all’ottimo Avv. Nicola de Gemmis di nobile famiglia barese che onora la sua famiglia con le opere e coi sentimenti, rinverdendo antiche luci che portarono i suoi antenati a posti di altissima considerazione e Francesca al N. U. Filippo Pellicciari, di nobile famiglia gravinese.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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