PINTO GIUSEPPE
Anche questo agricoltore è di quelli in cui l’amore per la terra diventa ossessione e passione violenta.
D’altra parte questo attaccamento è tradizionale nella famiglia Pinto. Sono generazioni e generazioni di agricoltori che da epoca immemorabile offrono tesori di cure, di saggezza e di competenza alle campagne che si allargano a perdita d’occhio intorno a San Michele, a Turi ed a Putignano. Conobbero esse le ansie dei primi trasformatori dei nostri boschi annosi; conobbero esse le torture di cento crisi loro agricole e commerciali, e riuscirono sempre a trionfare di tutti i dubbi e di tutte le sfiducie trovando esca al loro coraggio in questa tenace ed appassionata brama di terra.
E crearono masserie su masserie, dotandole di bestiame prospero e fecondo, contribuendo efficacemente allo sviluppo della cerealicoltura, anticipando tutte le esperienze in materia di trasformazioni agrarie.
Ed ecco perché intorno ai Pinto, purissimi nel costume, amanti delle vaste figliolanze, fiorisce da circa due secoli la simpatia e la stima dei loro conterranei.
Il nonno di Giuseppe Pinto, anch’egli a nome Giuseppe, ebbe infatti molti figli, fra cui Francesco che, sposatosi con Teresa Lovecchio Musti, diede i natali al nostro e ad altri otto figli di cui sette viventi, Giuseppe Pinto junior, dopo aver compiuto l’apprendistato nell’azienda paterna e dopo essersi agguerrito nella tecnica agraria attraverso studi ed esperienze personali, affrontò per la prima volta le responsabilità della conduzione diretta di un podere, quando nel 27 aprile 1929 si sposò con la signorina Agnese dell’Aquila di nobilissima famiglia di Laterza.
La conduzione della masseria «Petrosino», avuta in dono dal padre nel momento del matrimonio, pose a dura prova le qualità intrinseche di Giuseppe Pinto, sopratutto perché egli volle introdurvi culture miste e volle trasformare una parte della masseria in vigna, cosa che gli costò cara per il terreno non troppo adatto a simili culture.
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Vittorioso di ogni difficoltà, oggi la sua vigna è una delle migliori dell’agro di San Michele. Ha voluto anche insistere nell’allevamento del bestiame sia bovino, sia ovino e sia equino, riuscendo a conseguirne rilevanti primati che si sono consolidati in riconoscimenti avuti in moltissime mostre zootecniche della nostra terra. Egli nel 1924, alla Mostra Zootecnica di Gioia del Colle, ha conseguito un primo premio per un vitello di razza bruna alpina allevato nella sua masseria; più tardi egli ha avuto altri premi per gruppi di ovini, per gruppi di muli e di vacche svizzere, e nel 1925 il suo toro di razza bruna alpina ha conseguito un primo premio assoluto alla Mostra Zootecnica di Gioia del Colle.
Nel 1921 egli aveva partecipato attivamente alla lotta contro i rossi che tormentavano i proprietari terrieri con le famose invasioni arbitrarie. Per questo nel 1921 egli fece parte delle prime squadre di azione del Fascio di Gioia del Colle, partecipando attivamente a tutte le controffensive fasciste degli anni della vigilia.
Egli, nonostante la conseguita indipendenza economica ed aziendale, continuò a rimanere legato alla sua casa di origine e quindi coadiuvò al padre nell’ allestimento .dei conforti dotali alle sue sette sorelle ed al fratello Bonifacio che, richiamato alle armi per le grandi manovre dell’Irpinia del 1936, fu colpito da grave malore e quindi si estinse lasciando la vedova e due teneri figlioli.
Delle sette sorelle di Giuseppe Pinto, una, Giovanna, è andata in isposa al camerata Gaetano Moschetti di San Michele; Maria al camerata Giuseppe Lagravinese; Costanza a Vito Perrone di Ginosa, ora defunto; Rosa al cav. Cirillo; Serafina al dotto Tritto di Santeramo; Rita al prof. Gaspare Bellafronte e Francesca al dotto Vincenzo Cozzolino di Montescaglioso.
Con questi precedenti famigliari di vasta figliolanza, anche il nostro non poteva mancare ai suoi doveri verso il comando demografico del Duce.
Egli ha già tre figli piccoli che formano l’adorazione del nonno, morto a 71 anni il 25 febbraio 1932 fra il compianto generale.
Il figlio Giuseppe Pinto è un degno erede di questa magnifica tradizione paterna.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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