LORUSSO GIOVANNI AZIENDA

Giovanni Lorusso, che nacque in Altamura di vecchi agricoltori, rappresenta un tipico esempio di quel che può l’intelligenza e la volontà di raggiungere una meta, in un essere che conosce il valore spirituale ed economico della terra.

Ancor giovane, egli si svincolò dalle limitazioni familiari ed affrontò coraggiosamente la direzione e le responsabilità di una grande azienda agricola. Prese in affitto dagli Orsini diverse masserie che questi possedevano alla contrada Garagnone in agro di Poggiorsini e quivi si diede con ardimento, che sembrò temerario, a bonificare terre fino ad allora adibite a pascolo, introducendovi colture cerealicole che diedero, contrariamente a tutte le previsioni dei pessimisti, risultanze economiche confortanti.

Giovarono assai ai successi del nostro le simpatie che egli ebbe quasi per istinto nei riguardi delle macchine agricole. Fu uno dei primi infatti ad introdurre in quelle zone sistemi moderni di conduzione agricola meccanica; fu uno dei primi ad importare mietitrici, aratri e trebbiatrici, fino ad allora sconosciuti sia ai gravinesi che agli altamurani.

Accanto ai suoi contadini, accanto alle sue macchine egli visse la miglior parte delle sue giornate laboriose, curando le culture con meticolosa osservanza ai precetti più moderni della tecnica agraria, che in quei tempi andava subendo una radicale trasformazione ad opera dei nuovi guidatori delle scuole specializzate nazionali.

S’inizia così la fortuna di quest’uomo singolare che ha lasciato tanta viva traccia della sua eccezionale e feconda azione per la rinascita e la valorizzazione dell’agricoltura della nostra Provincia.

Vero esponente della nostra borghesia terriera dedito al lavoro ed alle domestiche cure egli si sposò ancor giovane con la signorina Teresa Losquadra anch’essa di famiglia di agricoltori ed ebbe 5 figli di cui due maschi e tre femmine, che allevò in una atmosfera di cristiane virtù e di amore per i tesori della terra.

L’azienda del Garagnone, curata con così assidua ed appassionata vigilanza, diede i suoi buoni frutti, tant’è che Giovanni Lorusso potè acquistare la masseria «Poggiolorusso » in territorio di Gravina e « Fontana di Vito » in agro di Matera, la prima lasciata in eredità al figlio Giacinto e la seconda al figliuolo Antonio.

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Questi, nato nel 1882, fin dall’età di quindici anni, collaborò col padre nella conduzione della grande azienda agraria familiare, conquistando una autentica competenza sia nelle attività cerealicole che in quelle riguardanti l’allevamento del bestiame.

Sposò nel 1905 la signorina Teresa Liuzzi, anch’essa. di famiglia altamurana dedita all’agricoltura, e dal matrimonio ebbe otto figli di cui quattro maschi e quattro femmine.

Mano a mano che cresceva la sua famiglia, cresceva in Antonio Lorusso la brama di incrementare, con una fatica assidua e tenace, la sostanza avuta in dote dal padre.

E tanto questo suo miraggio lo tenne preoccupato che, per un lungo periodo di tempo, egli divise le sue cure fra quella richiesta dall’attivissima sua collaborazione col genitore e quella richiesta dalla conduzione pel suo personale patrimonio.

Sul nucleo aziendale di origine familiare Antonio Lorusso, giovandosi dei consigli e degli ammaestramenti del padre, trovò modo di dare un singolare impulso alla sua personale azienda agricola.

Frattanto il padre aveva fondato, insieme a personalità della borghesia di Altamura, la Banca Sabini, Lorusso e C. che assolse pienamente, e per circa venti anni, i compiti per cui sorse: quelli cioè miranti ad ausiliare gli agricoltori nei loro bisogni stagionali.

Egli, poi, Giovanni Lorusso, rimase solo a tenere la responsabilità ed i pesi di questo importante organismo finanziario che fu un valido mezzo di rinascita per l’economia altamurana e che poi egli stesso, fornito com’era di possente intuito, cedette ad altre Banche qualche anno prima della sua morte e quando la grave crisi dell’agricoltura pugliese non si era ancora affacciata all’orizzonte.

Per queste sue benemerenze il Governo del Re lo gratificò della croce di cavaliere della Corona d’Italia.

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Tornando ad Antonio Lorusso dobbiamo aggiungere che la sua assiduità al lavoro e la sua competenza tecnica valsero moltissimo a dargli fortuna. Egli infatti trovò modo di acquistare nuove proprietà come la masseria « San Lioce » alla contrada Selva in agro di Gravina e già del Principe Orsini.

In questo predio, che fu residenza estiva della nobile e grande famiglia gravinese, Antonio Lorusso portò sistemi moderni di conduzione; trasformò molti appezzamenti utilizzati come pascolo; impiantò quaranta ettari di vigneto, e chiese ausilio alle macchine più avveniriste: dagli aratri speciali a motore alla mietitrebbia; dalle seminatrici meccaniche alle selezionatrici di seme; diede impulso agli allevamenti di ovini, di bovini e di equini; costruì stalle e pollai razionali; impiantò modernissimi sylos per l’alimentazione razionale del bestiame.

Sviluppatasi la vigna, Antonio Lorusso dovè corredare la masseria di tutti i mezzi atti alla vinificazione ed alla conservazione del vino; ed anche in questo lo soccorse una visione ampia dei compiti dell’agricoltore fascista.

Perciò lo stabilimento vinicolo della masseria « San Lioce » è uno dei meglio attrezzati della Provincia di Bari.

I successi conseguiti in queste sue diuturne fatiche gli permisero di incrementare ancor più il suo patrimonio: egli acquistò pertanto la masseria « Parisi» in tenimento di Altamura; poi quella di « Sciulo » sulla via che mena a Laterza; ed ancora quella «Previticelli » in agro di Gravina alla zona Franchini; e finalmente la masseria «Ovile Santa Chiara» specializzata in allevamenti ovini.

Ma l’opera che meglio rassegna all’attenzione dei competenti e degli studiosi di sociologia l’attività di questo eccezionale agricoltore è quella della colonizzazione della masseria « Fontana di Vito ». Egli ha costruito in questa masseria quaranta abitazioni rurali, permettendo così l’appoderamento del latifondo e la permanenza in campagna di quaranta famiglie di contadini.

Questo esperimento di colonizzazione privata ispirata alle direttive del Regime pone Antonio Lorusso all’avanguardia nel campo della liberazione delle nostre borgate dalla tara dell’urbanesimo.

Per queste numerose benemerenze Antonio ha ricevuto dal Governo Fascista, che gli agricoltori coraggiosi e dinamici la Stella di Bronzo al Merito Rurale e la Croce di Cavaliere della Corona d’Italia; e mai riconoscimenti furono più di questi meritati.

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Ottimo padre, Antonio Lorusso ha allevato i suoi quattro figli maschi e le sue quattro figliuole secondo le costumanze delle nostre migliori famiglie, protese ad alimentare tutte le domestiche virtù.

I due figli maggiori collaborano col padre nella conduzione della vasta azienda familiare, Leonardo come direttore tecnico e Giovanni come direttore amministrativo; gli altri due, per contro, frequentano le scuole secondarie essendo in età ancora giovanile.

Con uomini di questa tempra e di questa fede, l’agricoltura italiana, che il Fascismo va spingendo verso mète sempre più luminose e sovratutto verso la più assoluta indipendenza, potrà un giorno molto prossimo rappresentare la vera fonte di ricchezza per la Nazione e di benessere per tutto il nostro popolo.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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