LOBUONO GIUSEPPE
Conclusione di questa quinta parte della nostra rassegna, che si riferisce agli uomini che unicamente dalle aspre gioie del lavoro han tratto le semenze per germogliare una vita nuova, è che in Puglia – e segnatamente in Provincia di Bari – quaranta o cinquant’anni scorsi, un pugno di fanciulli, poveri senza alcun passato alle spalle, si lanciavano alla conquista del domani.
In piani diversi, Mincuzzi, Barile, Azzollini. Caradonna, Virgilio e Mastronardi, La Gioia, avevano tutti lo stesso piano da svolgere e le stesse mete da raggiungere. Profondi osservatori dello svolgersi della civiltà economica del loro paese e della loro provincia, essi si davano ad una febbrile, diuturna ricerca di tutto quanto avesse potuto costituire una novità nell’attrezzatura dei mercati nascenti. Questo pugno di giovani falchi doveva stabilire i confini entro cui, per volontà di uomini politicamente pronti ed ineluttabilità di destini, avrebbe delimitato la grande Bari.
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Per questa moda e per questa legge Nicola Vito Lobuono, che è povero in canna, che è più contadino che agricoltore, lascerà in eredità al suo unico figliuolo, Giuseppe, la ricchezza della sua epoca: una volontà, un orgoglio ed un cervello di mercante.
A cinque anni il fanciullo, orfano, privo di assistenze, potrà e dovrà tracciare il suo solco in un terreno che non conosce altro aratro.
A cinque anni un bimbo può solo rifiutarsi di andare a scuola. E questo nostro «povero bimbo» potrà solo richiedere un fascio di giornali e darsi con essi alla strada.
Lo scrivente amerebbe indagare nella esistenza di tutti gli uomini, per conoscere se mai vi fu in qualcun d’essi il cupo dolore del risvegliarsi alla vita, ora per ora, giorno per giorno, come in quella di un piccolo giornalaio: questo povero bimbo, cui è negata, quasi sempre dal destino, la comune e piccola gioia di rendersi conto del loro essere e del loro mestiere. Tutti comprano da lui quel foglio di carta, che egli non può, perché non sa, leggere.
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Giuseppe Lobuono, anche se non fosse nato incline alla gentilezza, sarebbe stato fatto alla bontà dal suo mestiere e dal suo temperamento or accorto, or taciturno.
I clienti dell’epoca dovettero prediligere il piccolo strillone, che centesimo su centesimo, potrà a 18 anni aver messa su la sua fortuna di soldini ed a questa età don Martino Cassano gli affiderà la distribuzione del suo periodico « La Settimana ».
I primi galloni. Il Lobuono si darà alla ricerca ed alla organizzazione di altri che, privi di mezzi e di assistenze, possano e sappiano come lui vendere e diffondere un giornale.
E siamo all’epoca umbertina del giornale di lotta e di battaglia: «Capitan Fracassa», «Marzocco», ecc. Son richiesti gli articoli di Bergeret, di Scarfoglio, di Rastignac. Su queste richieste il giovane distributore saprà creare un commercio, saprà organizzare una provincia.
Matarelli fa rombare le piccole e prime rotative della rinomata Sonzogno e troverà nel Lobuono un collaboratore intelligente, fedele, onesto, tenace.
E’ l’epoca delle prime riviste illustrate di cui il distributore, che ormai fa del commercio, fa bando, giacchè ora le clientele di signore, di bimbi lo consultano sull’acquisto del ricamo, della Farfalla, dei Giornalini della domenica e delle avventure di Fantomas.
Solo per questo, ci confessa il Lobuono, egli dovrà, nel 1894, impiantare al Corso un chiosco che è il solito chiosco di rivendita di tutte le città d’Italia e del mondo, ma che specificamente è una specie di studio di consultazione di sonnambula o di chiromante.
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Le preferenze di don Peppino (temibili e temute preferenze, per i signori amministratori di stampe periodiche) saranno le preferenze dei pochi lettori e delle nascenti lettrici. Fiuterà i successi, consiglierà agli editori le mode, sconsiglierà un tipo di illustrazioni, un titolo, una vignetta.
Dopo due anni, 1896, inaugura uno spaccio di distribuzione ed un deposito.
Da quest’epoca la sua vita diventa quella di un vittorioso: avrà giorno per giorno spezzato facili concorrenze sul mercato, avrà sempre di più stretto la rete dei suoi esclusivismi che gli han meritato a tutt’oggi la fiducia di tutte le messaggerie straniere e nazionali di stampa periodica e quotidiana.
Vittorioso e non dormiglione, si porta al libro, ed impianta con successo una bella libreria.
Frattanto la vita lo ha avuto magnifico fucinatore di figli, giacchè è stato sedici volte padre. E’ pur vero che troppe volte ha dovuto ricostruire i suoi nuovi figli, giacchè la pallida e buia parca ha picchiato 10 volte al suo uscio.
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Oggi ha 4 figliuole e 2 maschi, di cui il dott. Vito Nicola è per lui motivo d’orgoglio, essendo un apprezzato ed intelligente funzionario della Banca Commerciale.
Dieci anni fa una croce di cavaliere si appuntava sul petto di colui che un giorno era balzato alla vita dalle angustie e dalle sofferenze di un marciapiede.
Oggi il cav. Lobuono, inabissato tra i cumuli alpestri delle sue « rese» è nei suoi depositi e, lanciando il suo sguardo vigile e luminoso al di là degli occhiali a stanghetta, legge giornali.
Lo coadiuva con intelligente ed amoroso affetto il nipote Nicola Amoruso, che non manca di modernizzare e di sviluppare la ormai cinquantenaria azienda.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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