LIUZZI VINCENZO
Vincenzo Liuzzi nacque a Gravina circa cinquanta anni scorsi, ossia il 5 marzo 1885.
La sua era una famiglia, in cui la coltura della terra aveva tradizioni inveterate. Lo zio paterno, Antonio, aveva infatti fondato una bella, se pur modesta Azienda, avendo acquistato la masseria «Oriente», il cui territorio era in origine di circa 150 ettari, saldo e seminatoriale.
Passato in eredità al nipote Vincenzo, questo territorio fu squarciato e sommosso, perché alimentasse una produzione più intensa.
La genialità di questo agricoltore, che ha voluto fotografare, per una ricreazione del suo spirito ardente ed inquieto, il succedersi delle manifestazioni della sua operosità, non ha mai conosciuto inganni di soste e di riposi, sicchè quasi giorno per giorno, egli allarga e spande l’originario comprensorio con nuove compere di terreni.
Ai 150 ettari se ne sono aggiunti molti altri ricavati da acquisti di terre confinanti.
Due ettari della tenuta sono stati trasformati a vigneti per la coltura di un « primitivo » ed un « aleatico» che hanno gran nome tra gli intenditori enologi.
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Dalle riproduzioni fotografiche da noi presentate, si può avere una lontana, se pur approssimativa idea, della perfezione raggiunta del Liuzzi nell’allevamento del bestiame: bovini, muli, asini ed ovini.
La fatica di questo selezionatore ha avuto riconoscimento in molte mostre e nere, sicchè lo troviamo fregiato della medaglia d’oro per fattrici e gruppi di muli alla Mostra Zootecnica, di Altamura; altra medaglia d’oro gli fu concessa in una Mostra Zootecnica in Gravina, per avere egli presentato mirabili asini stalloni; medaglia d’argento gli fruttò lo stallone « Carlino » , di cui sono ancora ricordati in Puglia gli ottimi prodotti.
Vincenzo Liuzzi ha ottenuto anche il primo premio alla battaglia del grano, e nel 20 aprile del 1933 fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Corona d’Italia per «alte benemerenze agricole».
Chi volesse tracciare un bilancio spirituale di questo saldo agricoltore, dovrebbe elencare nella partita dell’« avere» alcune cifre, che non sono quelle dell’abituale ed arida ragioneria, cifre, che sono un po’ l’espressione delle facoltà dei metodi e delle tendenze seguite dal Liuzzi.
Segnamo quindi: due chilometri di strada di accesso, 50 macchine agricole, 30 salariati fissi, 200 pecore, 150 vacche, 70 giumente, 30 muli da lavoro e da aratro.
La larga, luminosa faccia di Vincenzo Liuzzi, siamo sicuri, non si concederà un sorriso per questi riconoscimenti che gli sono attribuiti dalla spontaneità del nostro studio.
Risaputamene egli è, oltre che un agricoltore laborioso ed un padre innamorato della patriarcalità della famiglia, un cittadino che adora la sua Gravina, offrendole atti di positiva fedeltà.
Chi volesse donare, in premio, un aggettivo a Liuzzi, dovrebbe scegliere tra «modesto», «silenzioso» e «semplice».
Vincenzo Liuzzi ha infatti introdotto nel regime delle sue masserie lo spirito di collaborazione che è alla base della dottrina sindacale fascista.
Egli continua a vivere la vita dei suoi dipendenti, alternando la fatica alle meritate soste; istituendo un rudimentale, un utile Dopolavoro aziendale, alimentando le religiose aspirazioni dei suoi collaboratori.
E’ in fondo il tipico nuovo agricoltore fascista, che alla terra guarda con delicato amore, per trarne consolazioni d’ordine generale e utilità collettive.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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