LATTANZIO FRANCESCO
Fra le personalità che legarono il loro nome alla rinascita della loro terra, deve annoverarsi senza dubbio quella dell’ avv. Francesco Lattanzio, nato a Capurso il 1836 e vissuto a Bari durante il periodo della sua maturità.
Uomo di profondo ingegno, si laureò in giurisprudenza e poscia si dedicò con insopita assiduità all’attività professionale ove ben presto eccelse per intuito, per dottrina e per signorilità.
Prescelto dai suoi compaesani a rappresentare il mandamento di Capurso nel maggior consesso provinciale, vi portò i lumi della sua fervida intelligenza, della sua cultura e della su vasta preparazione in materia amministrativa.
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Ben presto fece parte della Deputazione e fu eletto Presidente del Consiglio affermandosi governatore equo, dignitoso e capace del consesso e portando preziosi contributi alla soluzione di imponenti problemi legati all’avvenire economico e sociale della Provincia.
Di lui è celebre una relazione fatta alla Deputazione provinciale sui vari studi tecnici riguardanti l’acquedotto pugliese. In questa dotta monografia illustrativa e critica Francesco Lattanzio, dopo aver preso in esame i vari progetti sull’alimentazione dell’acqua alla Provincia di Bari, precisa molti errori, consigliando il modo di ripararli ed infine indica la soluzione pratica migliore che fu poi quella realizzata molti decenni più tardi dall’azione appassionata dell’allora Ministro dei Lavori Pubblici Nicola Balenzano.
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« L’acqua scarsa e malsana – scrisse il Lattanzio – ci avvelena la vita e se si è asserito con una sicurezza degna di miglior causa che in Puglia non si è mai morti per la sete, non sappiamo se con pari facilità si possa sostenere che le epidemie che hanno decimate le nostre popolazioni, se le malattie che atrofizzano e paralizzano lo sviluppo e la vigoria di tanta balda gioventù, non siano dovute alle poche ed inquinate acque che siamo costretti a bere ».
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Precisata così una tremenda tara che pesava sulle nostre contrade, egli parlò delle sperequazioni ingiuste adottate dai governi del tempo e della necessità che lo Stato non si disinteressasse di questo problema di vita.
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Come nella cosa pubblica, fu nella vita professionale. Si battette leoninamente per tutte le cause giuste e fu pago della vittoria quando questa coincideva con le aspirazioni del suo cuore nobile ed altruista.
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Spezzato innanzi tempo dalla morte nel 1897, egli lasciò al figliolo Onofrio un retaggio di esemplari virtù e di superiore dottrina.
Questo retaggio è stato compiutamente inteso e seguito.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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