FAVIA GIUSEPPE
Giuseppe Favia fu un industriale di quella stampa che contribuì non poco alla messa in luce dei bisogni e delle necessità della nostra Terra.
Barese fin nelle midolla delle ossa, egli aveva ereditato dagli avi la quadratura cerebrale ed il dinamismo operante, che giovarono tanto alla sua fortuna.
I suoi antenati erano costruttori dall’anima aperta alle idee liberali, ed erano molto apprezzati dagli amministratori pubblici dell’800. Il padre suo Nicola, giusta quanto è ricordato nel volume di Saverio Lasorsa, Vita di Bari nel secolo XIX, fu l’appaltatore e l’esecutore di un lavoro di sistemazione del vecchio porto affidatogli nel 1827.
Nel luglio 1828 l’architetto Gimma riferiva infatti al Consiglio Decurionale che « l’opera di nettamento del porto procedeva in tutta regola, e ciò appariva chiaro dall’accresciuto numero di legni forastieri che vi accorrevano, mentre fin qui appena potevano ancorarvisi i nostri piccoli trabaccoli verso la sola punta del Molo, per mancanza del fondo ».
L’opera costò 2688 ducati e giovò moltissimo al traffico marittimo barese di quell’epoca, perchè evitò che i velieri andassero a toccare altri porti sicuri della nostra provincia.
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Sempre nello stesso libro si parla di un’altra opera pubblica costruita dal maestro Nicola Favia nel 1840 ed alla Contrada San Lazzaro.
Si tratta nientemeno che delle prime costruzioni dell’attuale cimitero barese, che sorsero su alcune proprietà del Monastero di Santa Scolastica.
Per quel che riguarda le benemerenze patriottiche di questo operoso barese troviamo, in un numero speciale pubblicato dall’Italia Meridionale per il Cinquantenario dell’Unità Italiana, la notizia che egli appartenne ad una Vendita Carbonara della città di Bari per moltissimi anni. La stessa notizia è confermata dall’avv. Giuseppe Maselli-Campagna che nella sua Rivista Pugliese del Risorgimento Italiano accennò alla partecipazione di questo maestro costruttore a tutte le adunanze che quella società di cospiratori attuò per parecchi decenni allo scopo di tener desto tra gli iscritti il sacro amor di Patria.
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Da questo uomo singolare nacque, nel 28 gennaio 1854, il nostro Giuseppe Favia, rimasto orfano a due anni per la morte del padre avvenuta il 20 settembre 1856.
Il nostro fu allevato dalla mamma e fu posto in condizione di apprendere le prime nozioni di grammatica e di bello scrivere. Poi, quasi trascinato da una passione istintiva, volle conoscere i segreti della composizione a mano dei caratteri e della stampa meccanica. Fece pratica e perfezionò la sua competenza tecnica nella cartoleria e tipografia di Modesto Lepore che ebbe, fra gli altri, il merito di essere stato l’editore del primo quotidiano barese Il Meridionale.
La passione per il giornale e la preparazione tecnica ed amministrativa del giovane posero costui sul cammino di Martino Cassano, fondatore e proprietario del Corriere delle Puglie.
Questo giornale che ha accompagnato la rinascita della Terra di Puglia, dopo la crisi economica della fine dell’800, risentì subito della proficua influenza del giovane amministratore.
Dal 1898 fino al 1905 il giornale ampliò la sua zona d’influenza, migliorò i suoi servizi, diede tono al suo bilancio; subì in altri termini il beneficio del senso di ordine, della capacità intuitiva e della dirittura morale, che erano abito di vita di Giuseppe Favia.
Durante la sua gestione fu impiantata l’azienda autonoma pubblicitaria del giornale e fu incrementata l’incetta degli abbonamenti. Da alcuni documenti conservati dai figli del Favia si rileva che il giornale era, quando egli ne assunse la direzione amministrativa, in pieno stato di agonia. Bari avrebbe perduto il suo quotidiano, se non fossero intervenute la sua sagacia e la sua abilità.
Congedatosi dalle armi il 27 giugno 1876, egli aveva impiantato il negozio di cartoleria che per circa 50 anni, posto com’era in un punto climaterico della città ed a cavallo tra il Borgo nuovo ed il Borgo vecchio (palazzo Petrera al Corso Vittorio Emanuele), e diretta com’era da un vero animatore, fu come il centro assorbente di tutta la gioventù studiosa di Bari e Provincia.
Là si riunivano infatti gli uomini di cultura residenti e frequentanti comunque la nostra città, là pontificava un letterato di vaglia, il prof. Chiaia, allora preside del R. Liceo « Cirillo ».
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Giuseppe Favia sposò una prima volta nel 1885. Compagna della sua vita divenne la figlia del Console Greco Agesilao Jannupolo dalla quale ebbe il figlio Nicola che poi morì nel 1900.
La giovine moglie per contro morì dopo un solo anno di matrimonio nell’epidemia colerica del 1886. In seconde nozze Giuseppe Favia sposò Amalia Fato, di famiglia signorile oriunda di Castellana, nota in tutta la Provincia e fuori per le sue benemerenze verso la Patria e verso gli studi.
Un nonno della giovane signora, Giuseppe Fato, era domiciliato a Bari ed era iscritto infatti alla Vendita «Osservanza della Legge» come risulta dal registro degli attendibili politici del 1821 a pagina 41 ter. Egli fu valoroso volontario nell’armata destinata a combattere gli austriaci che venivano a soffocare nel sangue le aspirazioni dei liberali del Napoletano, e con essi si battette eroicamente nelle Gole di Antrodoco.
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Ritornando al nostro, dobbiamo ricordare che nel 1889, col recesso dei Gissi e con la morte di Andrea Avellino, lo stabilimento tipografico omonimo, famoso per la stampa della Divina Commedia commentata dall’illustre dantista Antonio Gualberto De Marzio di Oria, e per lo ausilio dato al progresso degli studi letterari in Puglia, era passato a Giuseppe Avellino, figlio di Andrea.
Questi ebbe bisogno di un collaboratore competente, e fu allora che Giuseppe Favia entrò come socio finanziatore nell’azienda la quale cambiò la sua vecchia denominazione in quella di « Ditta Avellino e C. ».
Deceduto Giuseppe Avellino, lo stabilimento passò sotto la direzione del Favia che la portò a grande rinomanza e ne resse le sorti fino alla sua morte, avvenuta nel 1924.
Nel 1898 Giuseppe Favia successe a Valdemaro Vecchi, vera illustrazione nel campo dell’industria tipografica meridionale, nella direzione della Sezione Tipografica della Scuola Industriale di Giovinazzo e tale incarico tenne per un decennio, formando maestranze di prim’ordine utilizzate in tutti gli stabilimenti della Provincia di Bari.
Giuseppe Favia fu compianto molto dalla cittadinanza e particolarmente da coloro che ebbero dimestichezza con lui.
La Gazzetta di Puglia, nel necrologio tracciato per la luttuosa circostanza, così disse fra l’altro: « La scomparsa è accompagnata dal compianto generale, poichè Giuseppe Favia fu nella sua vita, tutta fede e lavoro, Un esempio mirabile di volontà e di rettitudine. Al solo lavoro, alla sola tenacia, alla sola modestia della sua vita egli doveva la larga fortuna raggiunta. Ed era suo vanto e suo orgoglio di essere pervenuto alla notorietà del suo commercio ed al rispetto, onde tutti lo circondavano, solo per suo merito.
Uomo di onesti costumi, educò i figli, che han saputo fargli onore, alla scuola delle rinunzie e del lavoro, facendoli continuatori fortunati della sua più che trentennale fatica ».
E più oltre:
« Sulla tomba di Giuseppe Favia si inchinano oggi quanti lavoratori, senza limitazione di classe, hanno avuto ed hanno fede, quanti sogliono ammirare senza luce d’invidia la fortuna altrui, quanti conoscevano l’amico ed il cittadino ».
Alla sua salma posero l’ultimo vale il presidente della Camera di Commercio grand’uff. Antonio De Tullio, non ancora Senatore, e l’ex Sindaco di Bari grand’uff. Bottalico.
L’azienda che era salita a tanto prestigio, ha continuato il suo movimento ascensionale sotto l’assennata e competente guida dei due figli del Favia, Francesco ed Angelo, che hanno aperto un grandioso e moderno negozio di oggetti di cancelleria, che è stato allogato nel palazzo famigliare di Piazza Umberto e che rappresenta il paradiso di quanti hanno abituale bisogno di tale specialissimo genere di merce.
Da qualche anno, la grande Ditta barese ha anche aperto in Roma una filiale, che costituisce uno degli « osservatorii commerciali» più notevoli in materia di cancelleria, retta dalla intelligenza di Francesco Favia.
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Nel libro su Le origini della stampa in Bari stampato a cura del Sindacato Fascista Poligrafici e presentato al Concorso Tecnico e di classe, tenutosi a Padova in occasione del VII Centenario Antoniano, si dice fra l’altro:
« Per tale luttuosa vicenda (e cioè la morte del compianto Giuseppe Favia), non si rallentò per un solo istante il moto ascensionale della su riferita Ditta, la quale, trasformata sotto il nome di « Giuseppe Favia fu Nicola », continuò a progredire in persona di Francesco ed Angelo Favia, figli e successori di Giuseppe ai quali, non è molto tempo, è stato motivo di grande ed indiretto orgoglio l’onorificenza della Stella al Merito del Lavoro, conseguita da due egregi loro cooperatori, il capo impressore Saverio Lionetti ed il proto Nicola Fortunato».
Mai esaltazione fu più meritata, perchè Angelo e Francesco Favia rappresentano degnamente la giovinezza industriale e commerciale barese, lanciata verso la conquista di tutte le mète.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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