DI VENERE RICCHETTI FAMIGLIA
Carbonara, la ridente frazione di Bari, offre all’esame dello studioso di patrie memorie, un gruppo famigliare resosi benemerito della umana solidarietà ed affermatosi per aver consolidato intorno ad una pia istituzione di assistenza sanitaria tutto il suo patrimonio.
Uno dietro l’altro, di padre in figlio, di fratello in fratello, dallo zio al nipote, tutti appuntano il loro cuore pietoso verso questa istituzione che assorbe, l’un dopo l’altro, il frutto delle loro oneste fatiche, i loro complessi e rilevanti patrimoni. E così accanto alla famiglia Di Venere sorge, fiorisce e si locupleta l’Ospedale omonimo fra le benedizioni di tutta la popolazione.
Perciò il nome della famiglia Di Venere andrà lodato e chiaro finchè il sole risplenderà sulle sciagure umane.
La memoria degli autori di queste grandi opere di pietà non teme la deserta malinconia dei tramonti, imperocchè duraturi sono i benefici effetti, e duraturo è il richiamo alla mente del nome dei fondatori. Non è fuggito, né fuggirà mai dai cuori umani il sentimento della gratitudine verso gli autori di sì benefiche istituzioni. Potrà talvolta nella tristizia dei tempi adunarsi una qualche nube, che lo veli; ma sarà un lieve vapore che per vento errante passa dinanzi al sole e non l’offende.
Il sole deve montare e splendere sull’orizzonte, e monta e splende; le nebbie non si aggravan per tempo; la virtù, in qualunque delle sue grandi manifestazioni, è tal gigante, che spezza sbarre della più salda tempra, si caccia fuori, sfolgoreggia, s’impone ai cuori, ridesta i nobili sentimenti che la corruzione aveva fatto tacere e ravviva quindi la memoria dei grandi benefattori della Umanità.
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Ed ecco la vicenda di nomi da cui scaturiscono queste donazioni totalitarie e frequenti.
Domenico Di Venere, erede del patrimonio del premorto fratello Vincenzo, che lo aveva ricevuto dall’avo paterno Michelangelo, con testamento olografo del 20 luglio 1874, depositato presso il Notaro Pasquale Pinto di Carbonara, come da verbale del 4 ottobre dell’anno istesso, istituiva suo erede universale il germano Michelangelo, Sacerdote, raccomandandogli che o durante la sua vita, o dopo il decesso, dai beni legatigli costruisse o una Chiesa, o qualche altro pio istituto. Questi alla sua volta, con testamento olografo del 23 settembre 1875, depositato presso il Notar Pasquale De Pascale di Bari, chiamava erede universale la comunanza dei poveri di Carbonara, e disponeva che l’uso dei suoi beni fosse rivolto a fondare un Ospedale con annesso ricovero di mendicità, in cui avrebbero ricetto tanto gli accattoni, che gli ammalati indigenti nativi del luogo, ma con preferenza i primi ai secondi.
Spegnevasi ancora il comune germano Antonio e con testamento pubblico per Notar Accettura di Bari del dì 25 ottobre 1877 legava a favore dei due figli, Sacerdote Giuseppe e Rosina, l’usufrutto della quota disponibile, e la proprietà dell’Ospedale.
I detti germani, anziché far proprie e godersi in vita le rendite del disponibile, come ne avrebbero avuto diritto, le rivolsero fin dal primo istante a beneficio dell’Istituto, e si spinsero a compiere immediatamente i desideri dei defunti benefattori.
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Presto posero mano, presto menarono a fine l’edificio, presto lo corredarono di quanto fosse d’uopo, iniziarono e conchiusero in breve le trattative con le Figlie della Carità, che presero immediato possesso il dì 8 dicembre 1886. Si diè ricovero a diciotto poveri, si aprirono scuole per la istruzione e la educazione delle fanciulle di civile condizione, vi si raccolsero infine diciassette orfanelle. Il che non si sarebbe potuto avverare in sì breve tempo, senza la generosità dei germani Giuseppe e Rosina.
Ma non finisce qui la fervida opera pietosa di questa famiglia.
Il 20 giugno 1917 morì in Bari la signora Rosa Di Venere fu Antonio, la quale, oltre ad aver accresciuto largamente il patrimonio dell’Opera Pia Ospedale Di Venere in Carbonara, sezione di Bari, fondata dalla sua famiglia, destinò anche un vistoso lascito alla fondazione in Bari, con l’obbligo della sede nel suo palazzo di abitazione, di una biblioteca di alti studii.
Furono chiamati all’esecuzione di questa volontà, l’Ecc.mo Abate protempore di Montecassino, Don Gregorio Diamare, il signor avvocato Valentino Tinelli e l’avv. Comm. Francesco Damiani, i quali, dopo che ebbero esaminato la consistenza del patrimonio librario lasciato dalla signora Di Venere, composto di pochi libri, in gran parte di carattere giuridico e contenuti in tre scaffali, stabilirono di istituire una biblioteca scientifica moderna, sia per evitare una duplicazione della preesistente Biblioteca Consorziale Sagarriga Visconti Volpi, di carattere letterario, filosofico e storico, sia perchè ritennero conveniente coltivare l’indirizzo scientifico, che corrisponde all’esigenza dello spirito contemporaneo e all’indole riflessiva e pratica, ma versatile, animosa e pronta, del popolo di Bari.
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La nuova Biblioteca fu eretta in ente morale il 20 novembre 1919 e l’11 dicembre 1921, e aperta al pubblico il 5 novembre 1923.
La Biblioteca è già provveduta di opere importanti della scienza, cioè di quelle che, dopo aver esercitato un influsso sul sapere, contemporaneamente, rimarranno sempre come documenti del sapere storico dell’umanità. D’altra parte tali opere sono indispensabili, perchè il loro studio consente al lettore un più alto profitto.
« Ogni volta, scrive l’Ostwald, che io ricorrevo ai lavori originali dei nostri grandi maestri, notavo di aver guadagnato, in perspicacia e intelligenza, assai più di quello che avrei potuto ottenere ricorrendo a fonti secondarie».
Oltre a queste opere la Biblioteca è fornita di trattati, scelti fra i migliori, e infine anche di quei lavori, che sono utili all’avviamento verso mete più alte e ad eccitare la coscienza della vocazione scientifica nei giovani.
La direzione ha abbondato in trattati su di una stessa materia, per appagare la varia preferenza degli studiosi e per rendere più accessibili, con le diverse dizioni, gli argomenti scientifici.
Con lo sguardo al divenire del sapere, essa ha accolto nella Biblioteca opere che vertono su soggetti, che sono ancora fuori del confine della scienza, ma prossimi a valicarlo; scegliendole però fra quelle, che affrontano il problema con metodo e scopo scientifici.
Due reparti sono stati destinati alla storia e alla filosofia delle scienze, dato il grande sviluppo raggiunto dalla prima e la crescente importanza che va assumendo la seconda, a misura che, col rapido succedersi delle ardimentose teoriche della scienza, si afferma anche l’urgenza di esaminare il loro fondamento gnoseologico. E già si prevede che il pensiero scientifico sarà il tema preminente della discussione filosofica nel prossimo futuro.
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La Biblioteca Di Venere Ricchetti, sorta con l’avvento augurale del Fascismo rinnovatore, si è assunto il compito di favorire in Bari, collaborando con gl’insigni Istituti del luogo e con la magnifica Università Mussoliniana, faro novello di sapere al mondo, la formazione di una atmosfera scientifica, per il più largo respiro della nostra gente operosa e sana.
Fatto l’organo, era da aspettarsi che si manifestasse e svolgesse la funzione. Il numero dei frequentatori, che, dai pochi dei primi tempi è ora salito a oltre quaranta per sera, è cagione di conforto, di stimolo e di più lusinghevole speranza per l’avvenire.
Il merito di questa conquista di ordine culturale spetta all’esecutore testamentario Comm. Avv. Francesco Damiani che è stato e continua ad essere l’animatore ed il dinamico ordinatore dell’istituzione.
A lui si deve l’impostazione scientifica del materiale librario raccolto nella Biblioteca, a lui l’ordinamento.
Questo pugliese che ha dato alla causa del Nazionalismo palpiti di opere, non poche, ed alla causa della coltura il tesoro dei suoi studi, va segnalato all’ammirazione dei dotti.
Egli ha ripreso e rinnovato una tradizione famigliare che ebbe in Giuseppe De Marinis un esponente illustre. Di quest’ultimo possiamo brevemente dire che nacque in Carbonara di Bari il 1840 e morì nello stesso Comune il 2 agosto 1906.
Fece i suoi studi nel Seminario di Bari ed ebbe fra gli altri maestri il famoso Padre Camillo. Fu condiscepolo di Cognetti de Martiis.
Si laureò presso l’Università di Napoli e fece pratica forense dal celebre avvocato Leopoldo Tarantino.
Nei primi anni esercitò con lustro la professione di avvocato, dedicandosi, in ispecial modo, al ramo penale ed emergendo per la sua facondia e il suo stile adorno di bellezze letterarie.
Ritiratosi nella natia Carbonara per assistere i vecchi genitori, fu Sindaco del Paese per circa un ventennio e Consigliere Provinciale di Bari quasi per l’istesso periodo.
Fu insignito della commenda della Corona d’Italia e meritò ben 18 medaglie accademiche per la sua opera più importante su Dante.
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La famiglia De Marinis è oriunda del salernitano e propriamente di Cava dei Tirreni. Il padre Raffaele de Marinis fu medico e la madre Maria Luigia Di Venere era sorella dei fondatori dell’Ospedale Di Venere Ricchetti in Bari. Sposò la signora Giuseppina Reccia da cui non ebbe figli.
Pubblicò varie opere, tra cui: « Dante autore di una teorica della pena capitale », e discorsi per la morte di Vittorio Emanuele Il, di Amedeo di Savoia di Umberto I; « Memorie storiche di Carbonara di Bari »; « Poesie – opera postuma pubblicata a cura del fratello Antonio, medico chirurgo »; «Anticritica ».
In queste opere si manifesta chiarissima la dottrina e la saggezza dell’uomo che ha dato alla Puglia un posto glorioso nel campo della Letteratura e del Diritto.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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