DE BELLIS NICOLA
Nicola De Bellis nacque a Castellana il 28 aprile 1867 da un uomo che ha lasciato indelebili impronte nella storia del progresso civile del suo paese e dalla signora Giovanna Andriani.
Saverio De Bellis, padre del nostro, fu infatti uno dei più audaci ideatori e creatori di industrie della Terra Pugliese. Di modeste origini egli diede fondamento ad un opificio tessile che ancora oggi, gestito dal figlio suo Carlo, presenta tutti i requisiti della modernità e dell’organizzazione perfetta.
Saverio De Bellis non fu soltanto organizzatore di industrie, ma fu anche un grande benefattore. Nel suo stabilimento era evidente la preoccupazione di confortare e di alleviare la fatica degli operai. Vi si distinguevano l’opportuna distribuzione del lavoro, la gran copia e l’ottima qualità dei prodotti.
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In occasione delle onoranze che gli furono rese nel 1906 quando egli offrì il mendicicomio al suo paese, Antonio Lamberti così parlò di lui:
« Le benedizioni ed il plauso delle parecchie centinaia dei vostri operai mi dissero che in voi non han trovato lo speculatore e l’aguzzino, ma il padrone che sa essere il padre: non vidi contrasti d’interessi ma ammirai la famiglia operaia il cui comune benessere non si aspetta da sanguinosi conflitti ma dal patto delle anime, da cuori che compassionano e che si amano. Oh! è questa la nobile destinazione della ricchezza dopo il culto di Dio; son queste le pacifiche rivendicazioni sociali ».
Queste frasi avvalorano la serietà dell’appellativo che fu rivolto all’illustre benefattore, quello cioè di padre del popolo.
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Sin dall’anno 1897 era sorta nell’illustre filantropo l’idea di erigere nelle vicinanze del paese, e precisamente su di un piccolo appezzamento messo sulla provinciale di Conversano (a circa 300 metri dall’abitato) un Asilo di mendicità da intitolarsi al suo nome, per avvicinare maggiormente a Castellana gli indigenti, confinati tuttora al convento degli Alcantarini, distante circa un chilometro e mezzo; e sin d’allora fermò nel segreto dell’ animo suo la generosa idea, gittando sulla carta le prime linee della pianta dell’erigendo edificio, che sarebbe stato formato da locali molto più vasti (per contenervi anche l’Ospedale) e meglio rispondenti alle esigenze moderne.
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Passarono parecchi anni ed il 3 giugno 1906 fu inaugurato il nuovo Ospedale. A ricordo dell’atto nobilissimo fu interrata sotto la gran porta principale dell’edifizio una pergamena che portava la seguente epigrafe:
« III giugno MCMVI – Saverio de Bellis – mentre maturano i tempi – della vera fratellanza umana -intuendo – i fini sociali della moderna ricchezza – non tenne solo per sè – i frutti del lavoro – del quale fu Cavaliere – ma ne profuse a beneficio dei sofferenti.
I concittadini – in memoria e per amore – inaugurando solennemente – l’edificio che sorge dal cuore di lui – questa pergamena posero ».
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Il Ricovero di Mendicità ed Ospedale sorsero così in Castellana a spese del cav. Saverio de Bellis che, seguendo i dettami del Vangelo, cangiava in mezzi di ausilio agli operai i mezzi che gli venivano dalla fatica di essi.
Collaboratore di quest’uomo che colla forza della sua volontà e col lavoro continuo seppe dare sviluppo ad una industria tessile che dava pane e lavoro a centinaia di famiglie e seppe creare altre industrie che diedero lavoro a migliaia di operai, non fu soltanto il fratello cav. Nicola, ma furono anche i suoi figliuoli.
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Fra questi uno dei più assidui e dei più utili fu il figlio Nicola che, compiuti i suoi studi a Prato, ancor giovane si unì al padre nella gestione dell’opificio di tessitura, uguagliandolo per capacità organizzativa, per operosità e per senso di umana solidarietà.
Il padre fu suo maestro ed egli seppe essere soldato della nuova milizia rinunziando agli egoismi e rivelandosi particolarmente idoneo alle attività industriali ed alle opere benefiche.
Nell’atmosfera familiare, satura di mistiche fiamme di amore e di lavoro, egli seppe essere seguace di Paolo Di Tarso che gittò il buon seme evangelico contenuto nella famosa profezia: « Le nostre passioni si spegneranno, la terra e il mondo passeranno; una sola cosa non passerà mai: la carità e l’amore».
Perciò egli fu di quelli che affrettarono con le opere il tempo in cui le popolazioni, rinfrancate e risollevate, hanno trovato meno logoranti le lotte e le tempeste della vita, fu di quelli i quali, seguendo un ideale di giustizia e un sincero spirito di abnegazione, sanno offrire nobilissime linfe agli slanci del cuore.
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Nel 1914, dopo un trentennio di alacre ed indefesso lavoro al servizio dell’azienda paterna, abbandonò l’opificio di tessitura meccanica.
Avrebbe potuto godersi, nella raggiunta agiatezza, il frutto delle sue fatiche e dei suoi risparmi, ma invece preferì rivolgere la sua attenzione alla proprietà terriera alla quale prodigò capitali, fatiche e cure amorose.
Egli è stato infatti un trasformatore coraggioso ed ostinato di terre aride e pietrose.
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Fu fautore ed apostolo di molte attività industriali collaterali dell’agricoltura dimostrando di avere ereditato, in pieno, lo spirito d’iniziativa del compianto suo padre; ma la gioia più rasserenante gli venne dalla contemplazione del frutto della sua opera appassionata; dalla contemplazione cioè dei vigneti opulenti, dei mandorleti e degli uliveti fruttiferi che avevano sostituito gli sterpi e le petraie e che erano balzati fuori dalla sua fede, dalla sua tenacia, dal suo amore.
Il 29 ottobre 1934, all’inizio di una operosa giornata, la sua vita attivissima s’infranse senza agonia.
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Egli fu compianto da tutta la cittadinanza e da tutti i suoi amici.
Omaggio degno alla sua memoria resta e resterà l’opera che va svolgendo il suo figliuolo Saverio per continuare, nel tempo, l’appassionata fatica paterna.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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