D’ALONZO FAMIGLIA
Di questa famiglia, illustre per lignaggio e per opere, si occupa la cronaca della vita pubblica gravinese che annotò parecchi esponenti di essa saliti alle Magistrature Comunali più elevate tra il consenso della popolazione e la stima dei Governatori della Provincia.
La difficoltà di raccogliere notizie precise sugli sviluppi di questa famiglia nel tempo ci porta ad occuparci di una delle ultime rilevanti personalità vissute durante l’Ottocento, e cioè di Giuseppe D’Alonzo, padre del colonnello Francesco che per eroismo e per virtù di comando, conseguì durante la guerra non poche promozioni per merito bellico, e cessata la guerra coprì cariche politiche di importanza provinciale e nazionale.
Giuseppe D’Alonzo nacque il 10 febbraio del 1848 in Giovinazzo dove la madre sua, la nobile Donna Ardea Frammarino dei Malatesta da Rimini risiedeva provvisoriamente.
Il piccolo fu educato dal padre, cav. Michele, alla austerità dei buoni studi.
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A Molfetta ove il giovanissimo frequentò le scuole secondarie si distinse ben presto per la versatilità dell’ingegno e la forbita facilità dell’eloquio.
A Napoli a soli 23 anni, l’11 febbraio 1871 conseguì la laurea di dottore in giurisprudenza ed il 13 novembre dello stesso anno dal Presidente della Corte d’Appello di Trani fu iscritto nell’albo dei Procuratori.
La vasta e varia cultura di Giuseppe d’Alonzo espressa in ogni tempo ed in ogni luogo con la squisita urbanità del nobile uomo gli valse una ammirazione collettiva.
Il 2 dicembre del 1874 sposò la virtuosa signorina Arcangela Notarpietro.
Il 28 luglio dello stesso anno fu nominato Consigliere Comunale, carica che conservò ininterrottamente fino al 1886, epoca fatale per lui e per Gravina a causa degli incomposti moti popolari dell’8 maggio provocati da una folla ubriaca.
Fu socio benemerito della Società Umanitaria di Napoli a prò dell’industria e del commercio, poi nominato Regio Delegato scolastico, Vice Pretore onorario e nel 1885 Sindaco di Gravina.
Il 23 ottobre 1889 fu eletto Consigliere Provinciale e successivamente Deputato Provinciale, in tutte queste cariche egli affermò il suo carattere adamantino e la sua oratoria faconda.
Fu anche avvocato di seria dottrina che si affermò in non poche occasioni, dappoichè egli fondeva in sè l’avvocato e l’artista, possedendo oltre a nitore e brio di forma, gagliardia d’immagini e di idee, austerità di dottrina e rigore di dialettica.
Prodigatosi sempre per il bene del paese, anche il Fascismo lo utilizzò, ancor giovane di spirito, pure essendo innanzi negli anni.
Si spense il 12 gennaio 1924 e le onoranze che furono rese alla sua salma attestarono tutto il compianto di un paese che ne aveva sentito li comando improntato ad equità, ad equilibrio di intelletto e saggezza non comune.
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Da quest’uomo ammirato e rispettato, il 13 aprile 1877 era nato Francesco D’Alonzo che avviatosi nella carriera militare, ben presto vi si affermò come valente ed ardente comandante e, venuta la guerra, aggiunse nuove gemme al serto di eroismi che incoronano la guerriera terra di Puglia.
Era capitano nel 1915 e il suo ardimento rifulse in cento fatti d’arme, nei quali conseguì ripetuti encomi e numerose medaglie.
La sua carriera del tempo di guerra fu un succedersi di eroismi seguiti dal giustissimo premio e dall’onesto riconoscimento.
Ebbe una prima medaglia d’argento al valore militare perchè: «Quale aiutante di Campo di Brigata durante varie azioni, dette prova di grande ardimento e di zelo, e sotto vivo fuoco di fucileria ed artiglieria, sprezzante del pericolo, più volte si portò sulla fronte per recapitare direttamente ordini e controllare l’esecuzione, cooperando al buon esito delle azioni: assunse anche personalmente l’incarico di pericolose ed audaci ricognizioni» (Oslavia, 2-13 novembre 1915).
Fu decorato sul campo dalle supreme Autorità Militari, della medaglia d’argento: «Per le belle doti di carattere, d’intelligenza, di energia, di coraggio dimostrate sia in combattimento, sia quale efficace collaboratore del proprio Comandante di Brigata ». (Nad – Logem, 10 agosto 1916).
Meritò una terza medaglia d’argento al valore militare, perchè: «Aiutante di Campo, ferito in diverse parti del corpo, mentre seguiva il proprio generale in una ricognizione, non volle abbandonarlo, e, dopo essersi fatto medicare, ritornò al suo posto. Ivi con calma e serenità, continuò a disimpegnare le sue mansioni in quel giorno e negli altri successivi, in cui la Brigata, fu impegnata, coadiuvando egregiamente il proprio Comandante». (Monte Zoviello, 25 maggio 1916).
Gli fu conferita una quarta medaglia d’argento perchè: «Comandante di un battaglione, lo conduceva con molta perizia ed ardimento, riuscendo ad occupare posizioni avanzate nemiche. Malgrado il violentissimo bombardamento che obbligava i reparti laterali al suo ad indietreggiare, rimaneva sulle posizioni conquistate, ove si rafforzava.
Ferito una prima volta, continuava a tenere il comando del reparto:ferito nuovamente il giorno successivo non cedeva il comando finchè giungeva a sostituirlo un capitano di altro battaglione, non essendovene più nel proprio perchè uccisi o feriti». (Sud Ovest di Castagnevizza, 23-27 maggio 1917).
Fu nominato Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia perchè: «Aiutante di Campo di Brigata dette prova di operosità non comune, di serenità d’animo e di carattere tenace e gagliardo in pericolose ricognizioni diurne fatte avanti alle posizioni nemiche con risultati tangibili, spinto sempre da alto sentimento del dovere e da marcato e lodevole spirito di corpo ». (Veliki – Pecinka – Faiti, 1 novembre 1916 e 15 dicembre 1916).
Fu decorato sul campo dalle supreme Autorità Militari della medaglia di bronzo al valor militare perchè: « sotto violento tiro di artiglieria nemica fermava energicamente truppe disperse e le riconduceva al fuoco ». (Monte Rasta, 27 giugno 1916); ed ebbe un’altra medaglia a Nad-Logem il 14 settembre 1916 perchè: « Talvolta sotto i rottami di un osservatorio colpito di granata nemica, benchè fortemente contuso nella persona, e grondante sangue dalla faccia, con abnegazione, dimentico di sè stesso, pensava solo a dissotterrare i compagni travolti sotto le macerie, mentre il bombardamento continuava intenso ».
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Gli fu inoltre concessa la Croce al merito di Guerra con determinazione del Governo della Tripolitania in data 25 luglio 1918; e venne ancora decorato della Croce di Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro di motu proprio di S. M. il Re, per benemerenze di guerra.
Fu ferito una prima volta da pallottola di « shrapnel » alla mano destra ed al piede sinistro, mentre eseguiva una ricognizione sul monte Zoviello il 25 maggio 1916; una seconda volta da scheggia di granata al naso ed alle labbra nel combattimento di Veliki-Kribach, il 14 settembre 1916; una terza volta da scheggia di granata alla gamba destra (con ritenzione di proiettile) a Castagnevizza il 23 maggio 1917, ed una quarta volta alla regione costale superiore da proiettile di fucile a canale completo alla Dolina Bori (Castagnevizza) il 24 maggio 1917.
Oltre ad essere insignito della Croce di Cav. Uff. e della commenda della Corona d’Italia, di Cavaliere dell’Ordine Coloniale della Stella d’Italia, ebbe un solenne encomio dal Comando della Brigata « Lombardia » a nome di S. E. il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito perchè «Dal gennaio 1912 al maggio 1915, come membro della Commissione per l’ordinamento delle Sezioni Mitragliatrici Campali leggere, prestò l’opera sua in modo altamente lodevole nei lavori della Commissione, la quale modificava radicalmente sulla base delle direttive date dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito la formazione delle Sezioni Mitragliatrici per Fanteria, Cavalleria e per Alpini, ne determinava i materiali, e creava ex novo nella sua formazione la Sezione Mitragliatrici per ciclisti» (Saverio La Sorsa: « La Puglia e la guerra Mondiale »).
Promosso a scelta per benemerenze di guerra da Maggiore a Tenente Colonnello.
In seguito alle ferite riportate fu inviato in Tripolitania dove dapprima tenne il comando del Forte di Sidi-Bilal; poscia passò a disposizione del Governo delle Colonie con incarico civile come Reggente la delegazione di Suk-El-Giuma, incarico che tenne fino al 1920.
Da tale epoca (tolta una breve parentesi dal 24 dic. 1920 al 13 aprile 1921, comandò il servizio alla Commissione interrogatrice dei Prigionieri di Guerra, a Firenze), fu a disposizione del Ministero delle Colonie per coprire incarichi civili. In Cirenaica tenne con dignità ed intelligenza la carica di Commissario Regionale di Cirene (13-4-1921, 25-3-1924) e dal 1924 al 1926 in Tripolitania (dopo essere stato alcuni mesi Reggente di Commissariato di Zavia 28-9-1924, 1-12-1924), funzionò da Commissario della Regione di Leptis (Homs) distinguendosi per rara esperienza ed acume.
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Fascista dal 1923 fu iscritto al Fascio di Roma pur risiedendo in Colonia.
Segretario Politico di Andria (Bari) (dal 19-3-1918 al febbr. 1920), dette subito un ritmo accelerato al Fascio, conquistando la fiducia e l’ammirazione di tutti. Fiduciario Sindacale riuscì a raddoppiare il numero degli iscritti, sostenendo strenuamente la collaborazione fra proprietari e braccianti. Commissario Straordinario dell’O.N.B. provvide alla riorganizzazione delle file giovanili. Ed infine come Podestà di Andria (11 novembre 1928: marzo 1930), iniziò la risoluzione di tutti i problemi della Città, mostrandosi amministratore provetto e saggio, con pieno e continuo beneficio di quelle laboriose popolazioni.
Nominato Segretario Federale del P.N.F. in Bari il 22 maggio 1929.
S.E. Albini, attuale Prefetto di Palermo, ebbe a dire, presenziando all’insediamento della Federazione: « … con decisione che è maturata in pochi minuti, io ho avuto l’onore di proporre al Capo del Governo e al Segretario del Partito il Colonnello D’Alonzo nuovo Segretario Federale di Terra di Bari. D’Alonzo è un uomo della guerra. Il suo petto si fregia e si onora di una costellazione di decorazioni che ve lo dicono e ve lo dipingono come un autentico eroe. C’è di più: egli ha lasciato volontariamente il servizio attivo ed ha avuto nelle nostre Colonie un mandato delicatissimo di carattere politico che ha rivelato in lui subito ottime facoltà politiche, oltre quelle non discutibili, militari. E di lui e della sua azione mi han parlato con schietto entusiasmo il Governatore della Tripolitania e della Cirenaica. Poi è venuto in mezzo a voi; ed è stato chiamato dalla fiducia dell’allora Segretario Federale D’Addabbo ad Andria, città che è nel cuore di tutti voi fascisti e che merita l’assistenza del Fascismo, città che forse non era stata ancora abbastanza compresa. E lì il camerata D’Alonzo è riuscito con una politica di forza e non a parole, ad imporre la sua personalità ed a farsi amare, perchè farsi temere può essere cosa facile, ma farsi temere ed amare contemporaneamente è cosa che richiede doti veramente speciali. Con questi precedenti il camerata D’Alonzo si è visto piovere un ordine da Roma che forse lo ha lasciato molto perplesso, ma che lo ha portato al posto di responsabilità che oggi ricopre con quel grande senso di consapevolezza che ciascuno deve sentire se non è un insufficiente, un vanesio, su cui non si può contare …. Insomma camerati, può affermarsi che voi avete a capo della Segreteria Federale un uomo che merita tutta la vostra stima e tutta la vostra fiducia ». -(Gazzetta del Mezzogiorno, 28 giugno 1929).
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Rimase in carica come Segretario Federale fino al 27 dicembre 1930, allorquando, essendo stato chiamato ad altro incarico rassegnò le dimissioni.
Il Segretario del Partito lo ringraziò per l’opera svolta con diligenza e con esemplare fedeltà ». (Comunicato dell’Ufficio Stampa del P.N.F. in data 26 dicembre 1930).
« Il Colonnello D’Alonzo abbandona la Segreteria Federale, dopo averle dato per circa due anni il meglio della sua fede ardentissima e del suo squisito senso di responsabilità. La prova magnifica che egli ha offerto alla legittima aspettativa di tutto il fascismo della nostra Terra è di quelle che non si dimenticano facilmente. Il Colonnello D’Alonzo ha tenuto infatti il Comando con sentimento di viva abnegazione e con esatta comprensione dei problemi spirituali ed economici che investono la vita della nostra Provincia ».
La stampa ebbe così a commentare l’avvenimento:
« Noi non possiamo infatti dimenticare tutto l’acume e tutta la passione che il Colonnello D’Alonzo ha saputo donare alla soluzione di non pochi problemi riguardanti l’economia della Provincia.
Anche in altri incarichi il Colonnello D’Alonzo saprà portare quella dirittura morale e quella serietà di intenti che hanno distinto la sua attività di Segretario Federale ».
E così fu in effetti, giacchè con decreto Reale del 22 gennaio 1931 il compianto eroico colonnello fu nominato Segretario Generale della Unione Nazionale ufficiali in congedo, l’Associazione che il Regime ha voluto istituire per tenere ognora e sempre legati alla disciplina ed alla spiritualità del glorioso Esercito gli ufficiali che hanno abbandonato il servizio attivo e quello di complemento.
E questo nuovo incarico egli tenne fino al trapasso inopinato, confermandovi le sue qualità di organizzatore perfetto, di suscitatore instancabile di energie, ottenendo risultati che rispecchiano la vasta e profonda preparazione, il senso del dovere.
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Imparentatosi ancor giovane con la signorina Maria Netti, nipote dell’Illustre pittore Francesco Netti che diede alla pittura napoletana dell’Ottocento opere di basilare importanza, che seppe suscitare con le sue critiche originali e con i suoi scritti polemici, una fioritura di proficue discussioni portanti alla chiarificazione di non pochi problemi artistici dibattutisi intorno al Settanta ed all’Ottanta, il Colonnello D’Alonzo ebbe un figlio, Giuseppe, che onora la duplice tradizione familiare, quella dei D’Alonzo e quella dei Netti che, non bisogna dimenticare, offrirono alla causa del Risorgimento italiano sacrifizi rinunzie e persecuzioni.
Il colonnello D’Alonzo fu colpito da improvvisa morte sul marciapiede della stazione di Spinazzola il 28 settembre 1934, mentre stava per raggiungere la sua città natale, per curare l’amministrazione dei suoi beni.
Trasportata la sua salma lacrimata in Gravina quivi essa fu fatta segno ai indimenticabili manifestazioni di compianto, che testimoniano compiutamente, quanto e come fosse intensa l’attaccamento di tutta la popolazione alla memoria dell’insigne e valoroso uomo.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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