COVELLI NICOLA
La famiglia Covelli è squisitamente tranese; essa ebbe altamente ad affermarsi nella stima cittadina con Vincenzo Covelli, nato e vissuto all’inizio dell’800, che fu uomo di severi costumi e di saggezza non comune. Col risparmio e col diuturno lavoro riuscì ad educare nel modo migliore cinque figli maschi e sei figlie che trovarono, giovanissime, matrimoni vantaggiosi.
Conquistata si una cospicua posizione, egli divise le cure della famiglia con quelle della cosa pubblica, riscuotendo dal passato e dal nuovo reggimento considerazione di uomo probo.
Istruì il figlio primogenito Nicola, nato nel 1832, nel collegio di Bari, ove il piccolo emerse per forte, lucido ed acuto ingegno.
Il giovinetto completò il corso di umanità minore e maggiore, come allora si nomavano i corsi ginnasiali e liceali, e quindi frequentò a Napoli la facoltà di giurisprudenza, conquistandosi, studiosissimo com’era, la stima dei professori e l’amore dei compagni.
I genitori gli consentirono di perfezionare i suoi studi a Parigi che era allora veramente il cervello del mondo. Ciò non gli proibì di accostarsi al pensiero del Galluppi e del Gioberti che lo trascinò nella visione del primato civile d’Italia.
Durante tutta la sua, vita sentì di non doversi occupare e preoccupare del volgo, ma solo ed unicamente del trionfo dei grandi principii morali che hanno per fondamento la libertà e la giustizia.
L’ambiente familiare confortò questa sua ascesa nel campo della cultura; ed un fratello suo Alfonso, che percorse da professore la carriera militare raggiungendo alti gradi, tenne con lui corrispondenza viva di mente e di cuore.
E così Nicola Covelli entrò nell’agone forense senza alcuna tradizione professionale familiare ma preparatissimo sia per la conoscenza profonda delle lingue classiche e del mondo antico sia per il largo corredo di erudizione filosofica letteraria e storia, sia infine per forte dottrina nel campo giuridico.
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A quei tempi Trani vantava una pleiade di avvocati che erano insieme giureconsulti ed oratori preclari: Nicola Covelli non rimane secondo ad essi per lo stile caldo chiaro elegante e suadente dell’eloquio.
Eccelso tanto nell’arengo forense che Nicola Giuseppe Tomaselli, il Nestore degli avvocati penalisti tranesi del tempo, dopo una grave discussione in Corte di Assise, disse che con un avversario come Nicola Covelli non era da meravigliarsi se si restava sorpresi dal non preveduto.
Si appagava della fede che gli era nata nell’anima nelle lunghe vigilie della giovinezza e che non si era spenta nel campo spinoso della vita, fede nella grandezza della patria, sostenuta da una coscienza che non conosceva infingimenti viltà ed opportunismi.
Semplice nella vita e schivo di vane pompe e di sfrenati godimenti accrebbe la sua fama con la probità del costume e con l’assiduo e perspicace lavoro.
Giovane ancora consacrò alla difesa dei poveri il vigore dell’intelletto e la nobiltà dell’animo.
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Nel sacro esercizio della professione di avvocato profuse sapienza di dottrina e slanci ardimentosi di apostolato.
Giovanni Beltrani, esaltando la di lui figura davanti alla salma lagrimata così disse fra l’altro: « Fu sempre per lui grato, suggestivo ricordo quello degli anni 1857-1858. Nicola Nicolini, Pasquale Iannaccone, supreme autorità della Suprema Corte, gli affidarono molte difese ufficiose di condannati nella vita ed egli si compiaceva ricordare di aver sostenute quelle difese commessegli da così, alte autorità, avendo accanto Enrico Pessina, Sante Martinelli, Leopoldo Tarantini, Domenico Antonacci. Non che ne menasse vuoto vanto; ma, a suo intimo ricordo, a rigoglio di propria coscienza, lo serbava scritto nelle sue più recondite memorie personali.
Tutta la vita posteriore a tal periodo iniziale durata 59 altri anni, sino a ieri, non fu che la costante incarnazione di quello spirito familiare in cui egli era nato, e del moto moderno che aveva saputo imprimere al proprio intelletto; l’essere stato chiamato da Conforti guardasigilli, con Giovanni Sabini e Gaetano Sarlo, sotto la presidenza di Luigi Troisi, nell’avvocatura dei poveri, durata sino al 1866, essendo procuratori generali Colella, Raeli, Santaniello, l’aver percorso una fortunata carriera forense, l’essere asceso a membro del Consiglio dell’Ordine, presidenti Soria ed Olivieri, tutto ciò non fu che il coronamento di una vita vissuta nell’ordine, nel lavoro, nella rispettabilità, nella dignità più indiscusse. Se i cittadini vollero la sua opera nei Consigli dei Comuni, e nella Congregazione di Carità o nella Commissione teatrale, sindaco il senatore Antonacci, se il Governo lo sospinse nella commissione di ricchezza mobile, come vice presidente, egli vi andò ad esercizio di dovere sociale; ma sul suo nome per la propria concezione, lotte civili non ne volle nè ne tollerò. Ciò che fu sintomatico della vita forense meridionale, in lui, si avverò a capello: Transustanziare la forza dell’intelletto, l’attività degli studi, la conquisa sapienza e la dirittura del carattere nella pratica del foro e della vita. Non cercate invano nelle sue carte, trattati teorici di scienza, ma percorrete la storia di questa vita; guardatela nelle sue quotidiane vicende, e vi troverete i fasti dell’uomo coltissimo dal solido intelletto, dal volere tenace, dal carattere inflessibile, del cittadino integro, dell’amministratore pronto ad ogni accorgimento.
A quest’uomo, a questa autentica provvida gloria della loro esistenza civile, i congiunti, i figli, danno qui l’ultima parola di pianto, di venerazione e di omaggio. Ma se vivi qui fossero Vincenzo Covelli e Paolina Bonadies, i dilettissimi genitori suoi, tornerebbero a benedirlo mille volte e a ricordare quel faustissimo giorno 26 maggio 1832 in cui dal loro coniugio, nacque, all’onore e alla fortuna della propria famiglia, Nicola Covelli ».
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Nicola Covelli raccolse infatti sul suo nome il suffragio dei cittadini che lo elessero a loro rappresentante nel Consiglio Comunale; ed all’amministrazione della cosa pubblica diede il prezioso contributo una feconda operosità, esperienza del dotto e rigido amministratore.
Egli dedicò alla famiglia le cure della mente, le energie della sua forte tempra, il tesoro dei suoi affetti, ed ebbe l’orgoglio di veder fiorire, nella sua casa già resa doviziosa per cresciuta ricchezza, una schiera di teneri figli che furono il dolce conforto della sua esistenza e che rappresentano il gentile retaggio lasciato all’amata sua terra natia.
Fra questi figli allevati nella casa monumentale che fu dei Forges Davanzati e dei de Bostunis, vi fu anche Vincenzo che ha ereditato le qualità morali e spirituali paterne, ed ha amministrato con saggezza il Comune di Trani durante il periodo di rinascita instaurato dal Regime Fascista in tutti i Comuni di Puglia.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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