COOPERATIVA AGRARIA FRA EX COMBATTENTI

Il miracolo che è stato compiuto dai contadini ex combattenti, riuniti in Cooperative di lavoro, per la trasformazione dei terreni demaniali della Provincia di Bari, da secoli abbandonati all’imperversare delle erbe malefiche, è di quelli che onorano tutta una tradizione agricola locale, tutto il fervore di opere che il Fascismo ha instaurato anche nelle nostre campagne.

L’iniziativa di chiedere al Governo la concessione di queste plaghe desertiche che attraversano in tutti i sensi la Puglia, triste retaggio di una economia retrograda ed armentaria tenuta in caldo da tutti i Governi dell’antico Reame delle due Sicilie; la nobile iniziativa di affidare ai contadini ex combattenti il compito di farne orti e poderi valsenti a tonificare la economia rurale della nostra Provincia, spetta senza dubbio al camerata Raffaele Russi che per tanti anni ha tenuto degnamente il comando della Federazione Provinciale Combattenti.

Portare sulla terra i contadini meno abbienti, legarli alla loro fatica con il godimento dei frutti di essa, allontanarli dai centri urbani, fonti sempiterne di tare e di vizi; sovratutto mettere a culture terre inerti e selvagge, rappresenta una benemerenza che non andrà dimenticata.

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L’Italia nuova trae esempio anche in questo dalla grande madre latina che, mediante le periodiche assegnazioni di terre ai legionari, riuscì a presidiare l’Impero ed a potenziarne l’agricoltura, sorgente di ogni ricchezza e fecondo vivaio di combattenti.

Riserbare ai cittadini italiani, che hanno saputo rischiare la loro vita per la difesa ed il potenziamento della Patria, il compito di bonificare e di riscattare, col continuo e pacifico lavoro, le terre incolte, è provvedimento degno di Roma.

Ed i nostri contadini combattenti si sono posti all’opera confortati dall’ausilio dei Capi e sovratutto dalla fede cieca nella fecondità del loro sacrifizio. Unitisi in cooperative agrarie, essi si sono proposti di valorizzare, con la forza delle loro braccia e con la loro tenace volontà, le terre dei tratturi concesse alla Federazione Provinciale.

La fusione delle energie, con l’assistenza tecnica della Federazione Nazionale delle Cooperative, renderà possibile la esecuzione di lavori che il contadino, da solo, non può affrontare.

A norma dello Statuto, i soci conducono le quote con l’obbligo dell’esecuzione delle migliorie (piantagioni, sistemazioni, ecc.) e rimangono in tale posizione fino al giorno in cui, portata a termine la trasformazione fondiaria, la Direzione delle Cooperative riterrà opportuno di assegnare definitivamente le quote in proprietà ai soci possessori, secondo un piano prestabilito.

Cooperative del genere sono state fondate a Grumo, a Toritto, a Bitonto, a Ruvo, ad Andria, a Canosa, a Barletta, a Poggiorsini, ad Altamura ed a Spinazzola, in quei Comuni cioè che sono più prossimi alle grandi vie di trasmigrazione stagionale degli armenti abruzzesi.

Non soltanto le culture granarie sono state introdotte nei tratturi quotizzati, ma anche quelle della vite, degli alberi di ulivo e di mandorlo, cosicché fra non molto sarà possibile di raggiungere il traguardo supremo fissato dagli statuti sociali, quello cioè del trasferimento delle famiglie sulla terra.

Ecco perchè le Autorità e le Gerarchie mirano a far diventare definitiva la concessione dei tratturi, Mediante l’impiego delle amorevoli forze lavorative delle famiglie, sotto la guida di una competente direzione tecnica che provvederà ad alleggerire i singoli dei complessi rapporti dell’azienda con l’esterno (credito agrario, acquisto di mezzi di produzione, raccolta e vendita dei prodotti) sarà possibile costituire tante piccole aziende dalle quali potranno trarre tranquillità e benessere altrettante famiglie rurali in condizioni molto meno precarie delle attuali, vivendo una vita veramente contadina, abitando permanentemente in campagna, La terra, in alcuni decenni, dovrà essere portata al più alto grado di intensità colturale mediante l’impianto delle colture più redditizie e l’allevamento del bestiame grosso e minuto.

Lavorando pazientemente, si metteranno a frutto le piantagioni e si impianteranno gli orti limitando al minimo l’impiego di capitali. Quando i redditi delle quote saranno di molto aumentati, si provvederà alla costruzione di case coloniche per il trasferimento in campagna

delle famiglie rurali.

A trasformazione fondiaria avvenuta, con le famiglie trasferite in campagna, sarà possibile, anche in quote di limitata superficie, ricavare dei redditi elevati che tonificheranno il bilancio familiare. A ciò si potrà pervenire per il fatto che vivendo le famiglie in campagna, si potranno utilizzare nel podere anche le forze dei vecchi, delle donne, dei giovanetti nei molti lavori leggeri che l’azienda richiede (allevamento di polli e di conigli, zappatura, sarchiatura, raccolta di ortaggi, ecc.) destinando i più validi a prestare la propria opera come salariati nelle medie e grandi aziende vicine.

Questo miraggio non si è potuto ancora raggiungere; però si è lavorato finora con alacre attività, giovando senza dubbio alla causa della autarchia e rendendo fruttiferi circa mille ettari di terreno distribuiti lungo la dorsale orografica della Provincia.

Noi abbiamo assistito all’opera iniziale di diroccamento e di disboscamento; abbiamo visto fiorire le culture maggesi sui terreni ancora vergini, abbiamo visto balzare sui solchi sudati le messi opime quando ancora il sole di giugno non ne aveva ingiallite le spighe; ed abbiamo goduto la stessa esaltazione di questi nostri rurali che, lasciate le armi per le opere di pace, si sono messi ad attaccare le pietraie con lo stesso ardore e con lo stesso coraggio addimostrati nelle rosse giornate della guerra carsica.

Abbiamo vissuto la vita operosa, sana e schietta di questi nostri contadini regolati dal sole e dalle stagioni ed abbiamo benedetto le loro fatiche pensando che il buon Dio non abbandona i fedeli alla terra e che la stessa terra non tradisce mai chi sa conoscerla ed amarla.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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