COLUMBO TOMMASO
Tommaso Columbo fu senza dubbio una delle figure più rappresentative e più caratteristiche della Bari che, tra la seconda metà dell’800 e il primo ventennio del 900 viveva l’ansia di raggiungere un suo considerevole posto nel campo delle industrie e delle mercature.
Nato il 19 agosto 1844 in Bari in una famiglia in cui era abituale l’esercizio del commerco egli fu ancora bambino affidato alle cure del Sacerdote Don Giuseppe Manzari e, raggiunta l’età di 13 anni, volle uscir fuori dai confini del Regno (il Regno Borbonico delle Due Sicilie) per conoscere nuovi paesi e nuovi meccanismi del traffico e del commercio.
Nei suoi ricordi egli descrisse il primo viaggio da Molfetta a Trieste compiutosi, in compagnia del padre, nei primi giorni di febbraio 1858 e racconta gl’intimi tormenti che lo afflissero per effetto dei due sentimenti opposti e contrastanti incidenti sul suo giovane cuore: dall’una parte la nostalgia della carezza materna e del domestico focolare, e dall’altra la brama di aggiungere nuove cognizioni a quelle modeste inoculategli dal suo primo precettore.
A Trieste egli fu allogato nel Collegio Commerciale che il compianto Antonio Mazzorana aveva fondato in prossimità di San Antonio Vecchio nella città Adriatica ormai redenta.
Espletati i tre anni del corso nel febbraio del 1861 egli s’imbarcò sopra un bastimento barese che portava sull’albero di maestro il bel tricolore, segno della spenta tirannia Borbonica, e dopo otto giorni di navigazione raggiungeva i suoi genitori e poscia entrava a far pratica commerciale presso la Ditta Tedesca, allora residente in Bari, Loehrl e Saper ove rimase qualche mese e quindi, nel 1862, intraprese il suo primo viaggio in Germania visitando dapprima Milano Torino e Parigi e quindi Francoforte Amburgo e Vienna.
Appena rimpatriato dopo questo viaggio di istruzione, egli ebbe un solo miraggio, quello d’ingrandire e sviluppare il piccolo negozio paterno di stoffe. Convinse il padre a trasportare il negozio dai rioni di Bari vecchia al borgo.
Il nuovo negozio fu inaugurato al Corso Vittorio Emanuele nel palazzo di proprietà Diana che era dapprima un deposito di olio e ne assunse la gestione completa per quanto riguardava corrispondenza, tasse, ragioneria. Mediante l’adozione dei nuovi sistemi appresi nei suoi viaggi gli affari dell’ Azienda ebbero un considerevole sviluppo, tanto roseo da superare ogni più lusinghiera aspettativa. Nel 1864 egli intraprese un altro viaggio in Germania e fu a Magonza dove, dopo aver collocato in un collegio il fratello, visitò altre Aziende Commerciali ed altri stabilimenti industriali facendo tesoro delle nuove osservazioni.
In quello stesso anno egli fu di leva ma fu riformato per miopia. Ciò lo mortificò non poco e quando, alla distanza di due anni, il Leone di Caprera chiamò a raccolta i giovani italiani per la redenzione delle provincie settentrionali gementi sotto il giogo austriaco, egli si arruolò volontario ed indossò la camicia rossa.
« Il 23 giugno del 1866 – egli scrive nei suoi ricordi – il sesto reggimento dei Garibaldini dalla fiammante camicia, capitanato dal Colonnello Barone Nicotera, e di cui io feci parte da semplice soldato (ad opera del prof. Filopanti, sergente aiutante di Campo del Colonnello) partì per Bologna. Vi giungemmo la sera del 24, e apprendemmo subito, con dolore, la sconfitta di Custoza. Tale notizia accese vieppiù il nostro ardore, e col proposito di vendicare i nostri generosi fratelli che, cadendo, avean reso sacro quel suolo alla Patria, ci rimettemmo in viaggio; e il 25 giungemmo a Desenzano.
Qui vidi per la prima volta Giuseppe Garibaldi, il più grande fattore d’Italia. Quel che avvenne nell’animo nostro alla vista d’un tanto uomo, non è cosa da esprimersi con parole: fu come un’esplosione di concerto che eruppe spontanea dai petti e si manifestò in mille guise! ». Partecipò così all’azione per l’occupazione di Condino sul lago di Garda accanto al Colonnello ed a Menotti Garibaldi e poscia alla battaglia di Bezecca ove il suo battaglione era guidato dal Colonnello Carbonelli dei Mille che nel 1864 era stato eletto Deputato di Bari.
Rientrato a Bari e decorato quivi della medaglia Storico commemorativa della campagna del 1866 appostagli sul petto dal Barone D’Amely, colonnello della Guardia Nazionale, egli si ripose con entusiasmo sulla scia degli affari aziendali, avviando uno stabilimento ed intensificando l’attività del negozio.
Nel 1868 essendosi recato a Venezia per una gara di Tiro a Segno nella casa Chiesura che egli rivisitò per tener saldi i legami di amicizia tra le due famiglie, confidò il suo amore alla giovane signorina Nina che fu poi sua moglie il 6 maggio di quell’anno. Dopo un breve viaggio per l’Italia centrale e meridionale egli prese stanza al palazzo Milella in Via Melo ove rimase fino al 1872. In questa casa nacquero i suoi due figliuoli Nina e Vincenzo.
Nel 1871 fu eletto Consigliere della Camera di Commercio e quivi si affermò subito per la sua competenza. Fu Relatore nel 1873 sul bilancio preventivo portando alla discussione soffi di vita nuova e perciò nuovi orientamenti nella attività Camerale. Ed infatti in quella occasione propose la istituzione di una Scuola Commerciale e di un Museo Merceologico che diventarono più tardi raggianti realtà.
Nel 1875 fu eletto per la prima volta Consigliere Comunale e subito fu incaricato di studiare i provvedimenti atti a migliorare le condizioni finanziarie della città e si occupò quindi della riforma del dazio ed i suoi studi portarono ad un locupletamento dei provventi dell’ Azienda daziaria comunale.
La vita di Tommaso Columbo è legata alle origini della Società Pugliese di Navigazione a Vapore. Fino al 1870 Bari contava circa 70 velieri fra trabaccoli, piccoli schooner ed altri, che non superavano complessivamente le 120 tonnellate.
Il traffico del porto era molto modesto con piroscafi di Società Genovesi Triestine e Fiumane. Era necessario, per il movimento commerciale marittimo, tendente ad accentrarsi nel porto di Bari, creare altri mezzi di trasporto per soddisfare ai bisogni nuovi. Tommaso Columbo insieme al Capitano Giuseppe Moscelli a Giuseppe Scorcia ed a Nicola Pantaleo e con l’intervento di alcune Ditte tedesche esercenti in Bari costituì la Società Anomina di Navigazione Puglia che per circa 40 anni, attraverso i suoi continui sviluppi tenne alto il nome di Bari in tutte le coste orientali dell’ Adriatico.
Ma le benemerenze di Tommaso Columbo nei riguardi dell’ascensione commerciale di Bari non si fermano qui. Furono sue le proposte, accolte dal Governo dell’epoca, di utilizzare la posta per l’incasso di effetti commerciali, fu sua la proposta della costruzione dell’Edifizio Camerale che oggi rappresenta degnamente l’architettura pubblica dell’800 nel capoluogo della Puglia. La proposta della costruzione di tale edifìzio fu fatta da Tommaso Columbo nel 1880 e mentre egli era Presidente della Camera di Commercio. Autori del progetto furono gli ingegneri Moretti di Roma padre e figlio; costruttori furono i maestri Arcangelo Buonvino e Loiacono. Il progetto non fu facilmente realizzabile perchè si giudicava mal scelto il punto nel quale doveva sorgere la costruzione, ma poi, furono vinte tutte le difficoltà e l’armonioso edifizio diventò realtà visibile e toccabile. Dopo aver perorato nel 1882 la creazione del Tribunale di Commercio egli, nel 1886, in qualità di Consigliere Comunale caldeggiò l’idea di lastricare Bari con basoli vulcanici, e tanto ne fece penetrare la coscienza negli Amministratori dell’epoca ch’erano capeggiati dal Sindaco Giuseppe Capruzzi che si passò subito alla realizzazione.
Nel 1888, dopo il passaggio di classe del Dazio di Consumo – altra utile iniziativa perorata dal Columbo – e dopo le prove dell’appalto dello stesso dazio che dava entrate lusinghiere, l’assessore Vittorio Chiaia presentò il progetto per la costruzione del selciato che fu poi affidata all’ex costruttore del porto Cav. Dini e che rimane tutt’ora a comprovare la maturità raggiunta dai nostri padri nel campo delle pubbliche utilità. Colpito nell’agosto del 1890 dalla perdita della sua adorata moglie egli dovette rinunziare ad occupare la carica di Sindaco che gli veniva offerta dai suoi amici.
Più tardi nel novembre del 1890 con le elezioni politiche e collegi plurinominali egli fu candidato per la prima circoscrizione e raccolse moltissimi voti attestanti la grande considerazione che lo circondava, non soltanto nel capoluogo ma anche nei Comuni di tutta la Provincia.
La sua attività politica ed amministrativa non lo aveva distolto dalla sorveglianza della Azienda sua, la quale dapprima curò la fabbricazione dei nastri e poi, dopo l’alluvione del 23 febbraio del 1905 che danneggiò lo stabilimento, questo s’ingrandì considerevolmente producendo cotoni da cucire, cotone mercerizzato, cotone per calze e per ricamo. Centinaia di operai furono occupati nelle varie branche dello stabilimento che era diventato superbo e che occupava un’estensione di circa 9 mila metri quadrati.
Frattanto nel 1893 egli aveva contratto nuove nozze con la signorina Minutoli di patriottica famiglia Lucchese cognata del Prof. Nannei, che qui ha lasciato tanto buon ricordo di sè per la sua attività giornalistica e per la sua azione assistenziale nei riguardi dell’infanzia ammalata.
Mentre dal primo matrimonio Tommaso Columbo aveva avuto due figli: Vincenzo ed Angela, sposa a Lorenzo Antico e suocera di S. E. Castelli; da queste seconde nozze ebbe sei figli, fra cui Tommaso, che continua degnamente le paterne tradizioni di ingegno e di dottrina morale, esercitando, fra la generale considerazione, l’avvocatura in Bari.
Tommaso Columbo, dopo la morte dell’adorata sua consorte, avvenuta il 27 settembre 1918, perdette la vista, ma tuttavia non si arrestò nella sua vita di pensiero e di nobile azione, fino a quando non lo colse la morte, il 20 luglio 1926.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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