COLUCCI FAMIGLIA

Il Prof. Angelo Custodero, benemerito compilatore della Storia di Fasano, nel libro stampato in memoria di G. B. Colucci, nel primo anniversario della sua morte (27 settembre 1928) scrisse: « E’ raro ed invidiabile privilegio dei Signori Colucci che le vicende della loro famiglia siano talmente frammischiate con quelle della loro città natìa, che ben si potrebbe dire che una gran parte della storia dell’una si confonda e si identifichi con quella dell’altra. Argomento di intima soddisfazione e di legittimo orgoglio per coloro che possono scoprire ad ogni passo, da più secoli in qua, tracce dell’opera e delle benemerenze dei loro maggiori ».

Il Reverendo Sampietro, paziente ed arguto raccoglitore del materiale storico della città di Fasano, attinge largamente, come a fonte preziosa, tali notizie dall’archivio privato dei Signori Colucci, che è, a suo dire, il più antico e il più ricco, se pure non l’unico, giunto a noi dalle vecchie famiglie: «Nobile documento di continuità di tradizione e di culto ininterrotto della memoria degli avi».

Fra le pagine di un importantissimo documento del 1500, riguardante una causa dei Signori Colucci con l’Università di Fasano, da cui lo storico Sampietro ha potuto trarre la data vera della costruzione di quella Chiesa Matrice, erroneamente creduta del secolo XVIII, si legge un appunto scritto di pugno del su nominato Sampietro che così si esprime: «La esistenza della famiglia Colucci è molto antica, figurando fra le primarie di Fasano fin dal 1500, dalla quale epoca essa assume la parte preponderante nella Storia cittadina ».

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Particolarmente importante nella storia di questa famiglia è il periodo insurrezionale del 1799, poichè la popolazione di Fasano allora divisa in due campi avversari aveva, a capo delle masse affezionate al Re, D. Giambattista Colucci, uomo potentissimo nel paese, sia per ricchezze e tradizioni avite, sia per il suo carattere di indomito lottatore.

Cinquant’anni dopo, e cioè nel 1848, i discendenti dei fieri realisti del 1799, i diretti pronipoti del famoso D. Giambattista, si trovano invece nel campo liberale fra i più accaniti avversari dei Borboni.

Nel 1860, l’anno decisivo della rivoluzione di tutta l’Italia meridionale, Fasano si vanta di essere stato il primo dei Comuni della provincia di Bari che insorsero contro i Borboni, costituendo in agosto il governo provvisorio, mentre a Napoli ancora regnava la Casa Borbone.

Fra i capi del movimento liberale antiborbonico era allora D. Alessandro Colucci.

Le truppe borboniche già erano pronte ad accorrere per sedare i rivoltosi che certamente avrebbero pagato colla vita il loro ardimento. Il pericolo fu grande; ma per fortuna tutto procedette bene per l’unità d’Italia, perchè presto fu spodestata la famiglia Borbone.

Dopo la morte di D. Alessandro, i figli Giammatteo e Giambattista, cresciuti ed educati sotto l’esemplare austerità paterna, sentivano il dovere di prendere parte attiva alla vita del loro paese, a cui non potevano rimanere indifferenti stimolati dalle memorie degli avi e dal desiderio di rendersi utili al loro paese.

«Resterà memorabile, dice il Custodero, per la saggia amministrazione, per l’austerità, per la compostezza di carattere, per la rettitudine e per l’entusiasmo del progresso del suo paese, la figura di D. Giambattista Colucci e la sua amministrazione comunale che in trent’anni e cioè dal 1895 al 1924 riusciva a trasformare Fasano ed a render la una delle più graziose, progredite e prospere cittadine delle Puglie ».

Di lui così parla il Custodero: “Superiore ad ogni giudizio, per la irreprensibile rettitudine della condotta nella vita pubblica e privata, stimato da tutti ugualmente, senza distinzione di parte, non meno amato che rispettato dagli inferiori, ponderato nelle risoluzioni, benchè d’indole naturalmente sensibile e all’apparenza impulsiva, ch’egli sapeva mirabilmente padroneggiare, perseverante nei suoi intenti e costante nel perseguire i suoi propositi, ricercatore della sostanza delle cose quanto nemico delle forme esteriori, giusto ed equanime estimatore degli uomini, delle loro qualità e dei loro atti nelle mutue relazioni sociali, memore dei suoi doveri più che dei suoi diritti, dei suoi debiti più che dei suoi crediti”.

Qual uso facesse del suo potere e dell’ ampia fiducia pubblica di cui era circondato, possiamo rilevarlo dalla lunga, ininterrotta tranquillità goduta a Fasano durante le lotte di competizione civile, che non turbarono mai lo svolgersi normale della sua attività e progresso; ed è dimostrato dalla prosperità dell’amministrazione comunale, per cui il nostro è uno dei pochi paesi, che in tempi difficilissimi potette salvare il proprio bilancio, nonostante le molte e considerevoli opere pubbliche, a cui fu posto mano e che furono compiute.

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Eletto Sindaco la prima volta nell’ agosto 1895 e in seguito nel luglio 1899, nel settembre 1902, nel luglio 1905, nel febbraio 1908 e nel luglio 1911: e ultimamente assessore comunale dall’ottobre 1920 all’aprile 1924 durante il sindacato del nipote Alessandro, fu ripeto, sempre la anima e il reale capo dell’amministrazione pubblica del nostro paese.

Desideroso, anzi ambizioso di abbellire la città e arricchirla di ogni utile comodità, secondo le crescenti esigenze dei tempi, promosse la costruzIone del nuovo Imponente Palazzo Municipale, allargando la vecchia Piazza, con l’abbattimento, per quanto doloroso, dell’antica e pericolante Loggia del Cavaliere, monumento caratteristico della vecchia Fasano. Curò inoltre il restauro della volta della Chiesa Matrice, partecipò col concorso della cittadinanza all’erezione del nuovo campanile, volle la sistemazione del Largo delle Fogge, l’antico Orto della Patria, trasformandolo in un magnifico giardino pubblico, consacrato a Parco della Rimembranza, nel mezzo del quale sorge il Monumento ai Caduti della Grande Guerra.

Devesi a iniziativa della sua amministrazione, tra le altre opere pubbliche, l’apertura di nuove vie cittadine e rurali, la costruzione del nuovo Macello e della R. Stazione Ippica, lo sventramento del vecchio abitato dove fu creata la Piazzetta del Mercato, l’acquisto e l’adattamento di un edifìzio per lazzaretto sulla via di Monopoli, l’impianto della illuminazione elettrica, del servizio telefonico ed automobilistico. Avvenne sotto il suo assessorato l’inaugurazione della prima fontana dell’Acquedotto Pugliese (18 novembre 1921). Nè fu trascurata l’istruzione pubblica, fondandosi nel 1920-21 una scuola media sorta in Fasano; e furono eretti vari edifizi scolastici nelle borgate, dandosi principio al nuovo edificio delle scuole urbane, che fronteggia il Parco della Rimembranza.

Tale azione di sviluppo è stata continuata dai discendenti della stessa famiglia in questa grande epoca dell’era fascista.

Il fratello D. Giammatteo è stato Consigliere Provinciale per venticinque anni, e Deputato al Parlamento.

La famiglia Colucci ha pure l’onore di essere imparentata con una delle più illustri famiglie italiane: i Riario Sforza di Napoli.

Infatti l’on. Giammatteo sposò la signora Giulia Reale, appartenente ad una cospicua famiglia fasanese; un Ferdinando Reale aveva sposato una Caterina Riario-Sforza, cugina del famoso Cardinale, ancora tanto ricordato a Napoli.

Giammatteo Colucci vive con la sua famiglia, costituita dalla moglie e dai figliuoli, in Fasano. Il suo palazzo e le sue ville rivelano la grande signorilità di colui che ebbe a farle costruire.

Egli, già Consigliere Provinciale, assessore e Sindaco del suo Comune fu anche inviato al parlamento per una legislatura.

Legò il suo nome a varie discussioni importantissime sull’ agricoltura e sugli interessi i meridionali.

Dei figliuoli, Ferdinando ed Alessandro, questi è stato l’ultimo Sindaco di Fasano, riconfermato poi nella carica podestarile.

Ha sposato una componente della nobile famiglia Cenci di Cisternino, famiglia in cui ci occupiamo in capitolo a parte.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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