CIVITA RICCARDO

La famiglia Civita ha vetuste origini. Verso il 1100 si trasferì dal Veneto in Andria e quivi si dedicò all’agricoltura riuscendo a circondarsi di forte credito.

Nel secolo scorso i Civita si affermarono nel loro paese come grandi amministratori e vollero che i loro figliuoli affrontassero le libere professioni. Riccardo Civita fu di questi ultimi.

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Conseguì pertanto ancora giovane la laurea in ingegneria e, laureatosi appena, entrò alle dipendenze della Ditta Ercole Antico e C. che, come è noto, aveva la concessione della costruzione del superbo e grandioso Acquedotto Pugliese.

Durante tale attività egli legò il suo nome a non poche opere murarie della ciclopica opera affermandosi come tecnico valente, operoso e distinto.

Alle dipendenze della Ditta Antico egli rimase dal 1910 al 1916, epoca in cui fu chiamato alle armi e fu ufficiale del Genio Minatori coll’eroica III Armata.

Durante la guerra compì intero il suo dovere e fu di grande ausilio alle esigenze della vita di trincea specializzandosi nelle costruzioni provvisorie di guerra.

Congedatosi col grado di capitano subito dopo l’armistizio, egli entrò nell’Ufficio Tecnico della Provincia di Bari nel quale fece brillare le sue speciali qualità tecniche e morali che poi gli valsero l’assunzione in servizio effettivo, e senza concorso.

Dal 1919 al 1925 egli assolse lodevolmente tutti gli incarichi che gli furono, volta a volta, affidati dalla direzione dell’ufficio e che posero in maggiore rilievo la sua specializzazione in materia di costruzioni stradali.

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Dimessosi per ragioni di famiglia e ritiratosi nel paese nativo, egli, forte della sua capacità tecnica ed appassionato fautore di redenzioni agricole, si diede all’amministrazione della proprietà sua e della sua signora (una figliuola di Francesco De Corato, notissimo commerciante e agricoltore di Andria) portandovi innovazioni radicali che furono poi prese a modello dai più audaci agricoltori andriesi.

Egli non soltanto ha bonificato una zona di terreno ingrato e petroso posto in contrada « Rivera », ma ha costruito opere sussidiarie che ne hanno quintuplicato il valore.

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In questa tenuta egli ha eseguito infatti lavori di dissodamento; ha impiantato uliveti, mandorleti e vigne; ha costruito strade, fabbriche rurali e cisterne; si è rivelato insomma uno dei più fervidi agricoltori del territorio Andriese.:.

Mentre durava questa sua strenua ed appassionata fatica, egli non ha trascurato di utilizzare la sua competenza professionale.

Pertanto egli ha progettato e diretto molte opere edilizie fra cui parecchie cappelle gentilizie che sono fra le gemme dell’architettura funeraria del cimitero di Andria.

Ha diretto inoltre l’Ufficio Tecnico del Consorzio Andriese delle strade vicinali del suo Comune concorrendo validamente all’allargamento della bonifica integrale in territori non ancora appoderati o trasformati e migliorando, sistemando, ampliando e sviluppando la rete delle strade consorziali andriesi.

Uno dei lavori di sistemazione che più hanno interessato i tecnici è stato quello della strada «Lama di Corvo» che per le sue considerevoli opere murarie e per le difficoltà insite al complicato tracciato, fu segnalato al Ministero dell’ Agricoltura e conseguì la medaglia d’argento al Concorso Nazionale per la sistemazione e la creazione delle strade vicinali.

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Ora egli divide la sua giornata laboriosa fra la direzione dei lavori di sistemazione di altre strade e quelli che interessano i miglioramenti della sua proprietà.

La sua azione quindi è tutta spiegata a favore della terra madre che risponde al di lui zelo ed al di lui amore moltiplicando il dono dei suoi frutti.

Uomo cordiale, sereno, la conversazione con lui dà un senso di tranquillità spirituale ed un senso di fiducia nel futuro che crediamo siano i corollari fatali dell’esistenza georgica ed operosa che egli quotidianamente vive.

Tratto da “Puglia d’Oro”


L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.

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