BUQUICCHIO FRANCESCO
La famiglia Buquicchio trae origini da un casato spagnuolo, importato in Italia da un tal Capitano Ruggero, che avrebbe combattuto in Terra Santa per la liberazione del Santo Sepolcro.
I discendenti di questo uomo d’arme, per tradizione, avrebbero seguito l’istesso mestiere, entrando a servizio di vari Stati d’Italia, Stati in continua guerra tra loro, durante il torbido Medio Evo.
Alcuni di questi soldati meritarono il titolo di Cavaliere di Gerusalemme, titolo che era particolarmente ambito, in quell’epoca, tra gli uomini datisi al mestiere delle armi.
Nel 1734 troviamo che un Pasquale Buquicchio (tale essendo il nome del casato spagnuolo, come lo troviamo descritto ed indicato in documenti dell’epoca) prende parte alla battaglia di Bitonto. In questa città pugliese il combattente si acclimatò e vi pose dimora, tanto che nel 1743 ebbe perfino ad imparentarsi con una famiglia locale, contraendo matrimonio con Maria Rucci.
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Come Cincinnato, questo guerriero, lasciato le armi, si dà alla industria agricola ed investendo il denaro guadagnato negli anni di guerra, mettendo a frutto la sua intensa attività, finì per costituire un vistoso patrimonio, che a sua morte lasciò in eredità al figlio Vincenzo. Quest’ultimo seppe ben conservare ed incrementare il lascito paterno.
Da Vincenzo nasce un figlio a nome Giuseppe, uomo di prodigiosa operosità e di grande intuito, che fu il vero iniziatore delle fortune di questa famiglia, che ormai si era acclimatata nelle nuove terre. Egli ingrandì il patrimonio agricolo, mise su una ottima razza di cavalli e divenne allevatore di buoi e di pecore, razza ancora pregiata nella Regione. La sua famiglia acquistò uno stile patriarcale, testimoniandocelo la larga figliuolanza, da lui messa al mondo: dodici figli di cui sei maschi e sei femmine e tutti imparentati con ottime famiglie della Regione.
Morì Giuseppe nel 1857, quando già i suoi avevano raggiunto una sistemazione.
Tra i suoi figli maschi si distinsero l’ing. Pasquale, che fu chiamato a reggere l’Amministrazione Comunale di Bitonto per vari anni e che fu anche insignito di alte onorificenze.
Fu anche un ottimo amministratore della sua proprietà, pienamente trasformata e da lui ridotta da seminativa, in vigneti e oliveti rigogliosi; trasformazione che richiese un impiego di lavoro e denaro.
Pasquale Buquicchio morì nel 1920 ed a lui successe il figliuolo Francesco, il quale, giovanissimo, ebbe la responsabilità di dover sostituire un uomo che aveva tracciato programmi e direttive ampie e grandiose. Il giovane cercò di non demeritare e lo vedremo dedicarsi alla amministrazione dei propri beni con attaccamento e con sacrifizio. La sua norma di vita è stata ed è quella di operare con tenacia.
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La morte di uno zio materno, cav. Luigi Ferrara, gli fece ereditare una vasta masseria in agro di Spinazzola.
Non contento di questo, Francesco Buquicchio, che amava essere un lavoratore ed un industriale agricolo più che un proprietario ed un ereditiero, prese in fitto una estesissima tenuta di oltre 400 ettari, formando così un importantissimo patrimonio dalle culture più varie.
Completato così il suo programma, dopo breve tempo mise su un discreto numero di giumente ed un vastissimo gregge, che andò rinomato per la eccezionale bontà della lana. Nel 1926, per il suo matrimonio con una Lacava di Lucania (i Lacava costituiscono una delle più illustri famiglie lucane) portò l’asse patrimoniale a circa 2000 ettari di cultura.
Da quest’epoca egli rivolse le sue qualità di trasformatore alle proprietà della moglie, come aveva già fatto per le proprietà di Bitonto e di Spinazzola.
Abbiamo trovato Francesco Buquicchio nella magnifica tenuta « Le Mattine», in cui egli ha profuso tutta la sua opera di coltivatore intelligente. In questa proprietà egli ha curato il deviamento di acqua, provvedendo alla estirpazione del pietrame per migliaia di tonnellate e delle erbe parassitarie.
Così questi terreni, resi fertili dalla modifica, corredati di pozzi artesiani, di una magnifica masseria con stabilimento vinicolo ed oleificio, sono oggi tra i più redditizi della provincia e sono stati trasformati in vigneti, mandorleti ed oliveti molto fruttiferi.
A segnalare i meriti eccezionali di questo autentico epigone del movimento bonificatore instaurato e confortato dal Regime, non soltanto valgono le sue opere in Provincia di Bari, ma ben anche quelle attuate nei suoi possedimenti di Lucania ove è riuscito financo ad attuare la deviazione di una corrente di acqua con relativo acquedotto.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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