ANTRO VINCENZO
Una lettura superficiale del curriculum vitae del cav. Vincenzo Antro dimostra in pieno come questo ormai non più giovane e benemerito signore di Giovinazzo rappresenti il classico tipo del gentiluomo di campagna. E se qualche volta, per la parentela stretta con la nobilissima famiglia partenopea dei Siciliani di Rende, ovvero per incarichi amministrativi e politici, cederà alle lusinghe della città, ciò non gli vieterà di tornare a rinchiudersi nel suo romitaggio sorriso dal verde e dal mare posto a ridosso dell’abitato di Giovinazzo e di riprendere la cura delle sue tenute, lieto ed orgoglioso delle sue vittorie contro l’aridità del terreno e l’assalto delle malattie delle piante.
La famiglia Antro è originaria di Corato: in essa si sono succeduti agricoltori e professionisti, ed è Ermenegildo Antro, padre del nostro, che nel 1873 si fissa a Giovinazzo per la sua qualità di ricevitore del Registro e vi stabilisce la sua famiglia.
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Vincenzo Antro compie i suoi primi studi a Giovinazzo e addimostra subito magnifiche qualità di amministratore privato tant’è che nel 1883, non appena congedato si dal servizio militare è chiamato alla direzione della Banca Popolare Cooperativa del suo paese, tale carica egli tiene onorevolmente per 15 anni, imponendosi alla considerazione dei suoi concittadini per attività lavorativa, per intelligenza e per probità.
Nel 1888 egli sposa la signorina Carolina, gentile figliuola del Conte Luigi Siciliani di Rende che ha vistosa proprietà nell’agro di Giovinazzo e negli agri dei Comuni finitimi e che è circondato da larghissima stima non soltanto quì in Puglia ma anche a Napoli dove il suo casato ha secolari tradizioni di benintesa nobiltà.
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Da questa unione nasce un fiore che la morte recide innanzi tempo: il buono e caro Luigi che rappresenta la ragione di vita dei due genitori.
E’ la morte di questo virgulto, che disorienta la vita di Vincenzo Antro e della sua nobile consorte. Egli cerca distrazioni negli incarichi che volta a volta gli affidano i gerarchi del suo paese, ma non riesce a tacitare il suo tormento. Solo la terra con le sue lusinghe e con i suoi inganni lo rilega alla vita e gli dà la forza di vincere e soverchiare il suo profondo dolore di padre.
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Ed ecco che egli si dona con inesauribile ardore alla trasformazione dei suoi poderi: le petraie diventano giardini; le lande ricevono il dono consolatore dell’acqua irrigua.
Ed è in questo campo che Vincenzo Antro diventa insuperabile; è il primo, nel suo paese che tenta la manipolazione dei vini di lusso sicchè partecipando alla Esposizione Intern. di Bordeaux del 1897 riceve, per il suo vino rosso e per il suo moscato, il diploma di medaglia d’argento; è il primo che seguendo il motto del Duce: l’Acqua in Puglia l’avete, maritatela col sole, scava un fosso a profondità considerevole e ne estrae l’acqua con motore elettrico per trasformare in orto un suo podere suburbano.
Da questa attività di agricoltore intelligente ed appassionato lo distolgono soltanto i richiami della pietà che sono connaturati al suo più profondò cuore, lo distolgono incarichi rispondenti a questo suo sviluppato senso, di solidarietà e di bontà.
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E’ infatti per molti anni presidente dello Asilo Infantile di Giovinazzo, componente del Consiglio di Amministrazione di quella Congregazione di Carità e in questi uffici porta il tesoro della sua verace bontà, quel tesoro che gli permette di distribuire ogni giorno pane ai poveri, di fornire letti all’Ospedale Civile del suo paese, di distribuire medicinali ai poveri a mezzo del suo farmacista dotto Barbella di far giungere nei tuguri dei più bisognosi l’anonimo ausilio che rinsalda il coraggio e soccorre l’indigenza più dura, di fornire sussidi al Comitato delle Dame Cattoliche perchè gli ammalati poveri abbiano l’assistenza doverosa degli uomini.
Questo esercizio diuturno della carità diventa la sua preoccupazione più angosciosa quando il sopraggiungere della vecchiaia gli toglie la possibilità di portarsi di persona alle case dei poveri. Ed allora egli ricorre all’Arcidiacono don Gaetano Piscitelli ovvero all’Arciprete della Cattedrale del suo paese, mons. Marmora ovvero al Parroco Piscitelli ed affida loro i mezzi idonei per operare nei rispettivi rioni a beneficio dei più bisognosi.
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La sua competenza in materia agricola gli vale la nomina componente del Comitato Provinciale Antifilosserico della Provincia di Bari ed in tale incarico egli pone tanto zelo e tanta competenza che il Prefetto del tempo lo propone per la croce di Cavaliere della Corona d’Italia che gli viene decretata il 18 gennaio 1903. A provocare questa proposta non serve soltanto la sua passione di agricoltore ma benanche il suo spirito di umana solidarietà.
L’esperienza da lui fatta nell’esercizio della direzione della Banca Popolare e nella Amministrazione oculata dei suoi beni gli valgono anche la carica di Fiduciario Amministratore de Credito Fondiario della Banca d’Italia che volta a volta gli affida l’Amministrazione di proprietà appartenenti a debitori morosi. Ed anche quì si afferma nella considerazione dei dirigenti della Banca d’Italia riuscendo ad evitare perdite e fastidi per il grande istituto bancario nazionale.
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Il Fascismo lo trova in questa vicenda di preoccupazioni agricole, amministrative e caritative: e quando le istituzioni del Regime chiedono aiuti ai Fascisti più abbienti egli è fra i primissimi elargitori. Concorre all’incremento dell’Opera Nazionale Balilla; concorre pecuniariamente all’educazione dei giovani poveri; offre infine 50,000 lire per l’istituenda Colonia Marina permanente onde eternare, con questo atto filantropico, la memoria dell’unico figliuolo Luigi, deceduto innanzi tempo.
Di conserva con lui agisce la sua nobile consorte donna Carolina Di Rende la quale si piega sulla povertà con amorosi occhi materni e la soccorre ogni giorno. Forse per questo le famiglie dei Caduti in Guerra della Città di Giovinazzo la eleggono a madrina della loro bandiera associativa.
Ora Vincenzo Antro fiaccato ma non piegato dalla vecchiaia continua nella sua missione di agricoltore e di uomo di buon cuore e, se lo volete conoscere di persona, non potete certamente trovarlo nel paese ove egli ha una residenza veramente sontuosa. Da maggio a novembre egli è accanto alle sue piante, è accanto alle frutta opime delle sue terre. E quando non dimora nella sua casa rurale sepolta nel verde degli ulivi e dei mandorli posta sui margini della bianca città rivierasca, è nella sua tenuta di S. Eugenio nelle Matine di Bitonto ove egli ha posto il meglio della sua passione di viticultoree d’Italiano cosciente dei compiti che la Patria Fascista commette a ciascuno dei suoi figli.
Egli vi parlerà dei suoi successi di agricoltore, delle sue pene, delle sue ansie di irrigatore antesignano; egli vi parlerà della sua rassegnazione alla volontà di Dio che gli ha preclusa l’esercizio della più vigile e tenera paternità, egli vi dirà della sua cessione quotidiana ai richiami della carità.
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E così da un colloquio con lui voi trarrete maggior fede nelle vostre forze e nei destini immancabili dell’Italia in marcia; voi saprete intendere tutta la consolazione che può venire ad un uomo provato alle più grandi sventure dallo attaccamento alla terra e dalla pratica della umana solidarietà.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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