AMORUSO FRANCESCO
La famiglia Amoruso, biscegliese, ha avuto sempre nel sangue la tendenza amorosa verso la terra madre, sia che il padre Cesare avesse curato gl’interessi di una vasta azienda agricola e sia che i suoi figli della terra avessero spiato gli ascosi e misteriosi germi.
La vita del figlio Francesco s’inizia a 18 anni quando comincerà a coadiuvare l’opera del grande defunto Cirio, che proprio in Bisceglie iniziava un primo lavoro di esportazione delle uve da tavola.
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E quando a Bisceglie sorsero le prime iniziative per la esportazione della frutta sui mercati tedeschi, egli, per la passione innata per i prodotti della terra, si cimentò con ardimento, acquistando e vendendo tali prodotti. Le sue personalissime qualità mercantili riuscirono ad assegnargli un posto in tutto uno stuolo di commercianti; che era venuto creandosi e facendosi in quegli anni.
Queste sue capacità furono scoperte dalle Ditte del Nord Italia, che proprio in quell’epoca battevano le nostre piaghe in cerca di affari, prendendovi spesso dimora, per svolgere il loro commercio; queste Ditte, in maggioranza, cominciarono ad utilizzare l’opera del giovane Amoruso ed alcune di esse gli accordarono compiti di massima fiducia. Ci riferiamo ai fratelli Boscolo Lisetto di Chioggia, Carlin e Cipriani di Verona, Di Lenardo di Trieste.
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In quell’epoca il giovane Amoruso dovette intuire di possedere delle virtù e, tempra di iniziatore dinamico, dovette giurare a sè stesso di mettere queste virtù a frutto per realizzare un domani migliore.
Ed ecco che nel 1913, col concorso del fratello Giacomo, costituisce una società commerciale, per la vendita della frutta.
Gli affari aziendali, grazie ad una tenacia di azione, e ad una originalità di tattica, vanno a gonfie vele, sfidando tutte le avversità e le asprezze insidiose dei mercati, dall’anno di fondazione fino al 1922.
Da quest’anno il vincolo sociale si scioglie ed ecco venir fuori la Ditta personale, intestata a Francesco Amoruso, Ditta che con sede in Bisceglie e filiale in Monte Silvano Spiaggia, avrà in programma la esportazione di prodotti agricoli.
La Ditta, diventata ancora più snella e beneficiata dalla unicità del comando, sviluppa e potenzia al massimo la propria attività ed ecco che il campo di esportazione comincia a riguardare anche il ramo degli ortaggi, che pur prodotti in gran copia in Puglia, non venivano eccessivamente curati dagli esportatori. L’Amoruso subodora possibilità di vendite sui mercati del veneto, e infatti, a poco a poco, la spedizione dei suoi vagoni otterrà pieno successo sui mercati di Trieste, Udine e Verona.
La insalata incappucciata e la lattuga, che da queste piazze, per un piccolo consumo, venivano ritirate in magri quantitativi dalle città di Innsbruck, Clagenfurt, Graz, Salisburgo, Lubiana, Zagabria e Vienna, sono ora richieste dai nuovi mercati di produzione della Puglia.
Francesco Amoruso, per creare rapporti continuativi e diretti di affari con queste zone di consumo, intraprese continui viaggi, che gli valsero la conoscenza di molti mercati, di molti uomini e del sensibile meccanismo dell’esportazione.
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Indimenticabili anni, per lui, di un allenamento pieno di ansiose attese, in cui seppe far fronte a tutti gli agguati ed insormontabili ostacoli: concorrenze ringhianti e interessi scossi.
Dal 1928 l’esportazione di ortaggi è adottata anche da altre ditte locali, ed allora s’inizia la conquista dei mercati stranieri, quali l’Olanda e la Germania.
Riferiamoci ora ad un’altra tappa della vita di questo ardimentoso lavoratore che nel 1925, tralasciando i mercati tedeschi, tenta la conquista, per la esportazione delle ciliege primizie, dei mercati inglesi, ove spedisce al Covent Garden Market di Londra circa 100 mila lire di detta frutta, ottenendo anche la invasione di altri mercati inglesi, quali quelli di Rull, Liverpool, Glascow.
Nell’anno successivo lancia, imbarcando da Brindisi 78 quintali della stessa merce, in Alessandria di Egitto. Il successo non gli dette più freno ed allora i mercati più difficili sono da lui tentati e raggiunti. A Stoccolma destinerà la saporita uva baresana e anche a mercati svedesi destina, con crescente successo, le ciliege primizie.
Sintetizzando, possiamo così indicare i mercati europei con cui Francesco Amoruso stabilì rapporti di duraturi affari: Austria, Iugoslavia, Ungheria, Polonia, Svizzera, Germania, Olanda, Danimarca, Svezia, Inghilterra. Come s’è visto, egli non trascurò di stringere rapporti con una ricca zona africana, qual’è l’Egitto.
Conquistatore tenace di nuovi sbocchi alla produzione regionale, è stato anche il collaboratore della fatica di migliaia di lavoratori, cui fu largo di assistenza tecnica ed anche di distribuzione di grande quantità di semenze.
In spaziosissimi locali, circa 50 operai accudiscono, durante il periodo invernale, alle fatiche della selezione dei prodotti e dell’imballaggio, mentre che durante i periodi estivi, il numero degli operai impiegati supera i 200. Occupati nelle campagne vi sono circa 500 altri operai, addetti alla raccolta ed al trasporto dei prodotti. L’attività di questa azienda, per la molteplicità dei prodotti trattati si rivolge per quasi tutto l’anno agli agricoltori, nell’organizzare anche una produzione che possa sempre più invogliare nuovi mercati al consumo. Da una breve statistica, tracciata dalla ragioneria della Ditta nel primo trimestre del 1935, sinteticamente viene espresso così il movimento della Ditta stessa: esportazione di verdura vagoni 254 per quintali 20.243; ciliege vagoni 83, per quintali 1850; cetrioli vagoni 21 per quintali 1560; pomodori vagoni 35 per quintali 1891; pere e frutti di primizie vagoni 54 per quintali 5300; uva vagoni 345 per quintali 14.856; frutta secca vagoni 12 per quintali 1370.
Magnifica esposizione che dà un totale di esportazione di 804 vagoni per un totale di 47.070 quintali. Una bilancia di circa 4 milioni di lire di esportazione.
I periodi più aspri e le difficoltà più insormontabili hanno trovato in Francesco Amoruso l’uomo dotato di resistenza ferrea. Quando avemmo a visitarlo, eravamo all’inizio del decretato infame assedio economico.
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Nel colloquio che avemmo il piacere di avere col nostro uomo, egli non ebbe a manifestare una sola parola di stanchezza, di esaurimento, di sfiducia. I suoi occhi piccoli e vivaci definivano spesso un buon sorriso e le sue labbra ci ripetevano sommessamente: « niente paura, cari amici, niente paura. L’agricoltore deve temere solo il fulmine e la grandine, che sono il segno dell’ira di Dio. Ma le sanzioni… ».
E volle che assaporassimo alcuni chicchi di baresana, pronta alle spedizioni della giornata.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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