AMENDUNI FAMIGLIA
La famiglia Amenduni è una delle più antiche e nobili di Acquaviva. Essa fu iscritta al patriziato Acquavivese e, secondo padre Maria Cappelli dei Predicatori, storiografo di Acquaviva, questa famiglia possedette un comodo palazzo nella vetusta cittadella di detto paese. Risulta infatti che Antonio Amenduni, nel 1026, fondò un Iure Patronato a favore dei suoi discendenti. Fu Dottore in Legge. Nel 1532 entrò nella famiglia Amenduni il feudo di Berardinetto (alias Baronaggio). E’ documentato che in quell’anno un Giovanni Antonio Amenduni lo comprò da Francesco Antonio Di Castelli e da Margherita D’Este e successivamente nel 1546, lo stesso Giovanni Antonio Amenduni comprò il feudo della Terra di Castellana da Giovanni Vincenzo Caracciolo, marito di Virginia Sancesare. Detto feudo fu poi venduto al Venerabile Monastero di San Benedetto di Conversano (Monstrum Apuliae).
La famiglia Amenduni, nei primi anni del 1500 s’imparenta con la famiglia Calvi, altra famiglia iscritta al libro dei nobili di quel paese. Risulta infatti che Ascanio Calvi, per aver combattuto con indomito valore nel respingere da Taranto l’armata del Lautrec, viene insignito da Carlo V, con Decreto emanato in Bologna il 1533, del titolo di Cavaliere Aurato, ereditario e trasmissibile.
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Estintosi il decorato senza eredi, il diritto di fregiarsi del Toson d’oro passò, per parte materna, alla famiglia Amenduni. Esiste in questa famiglia un albero genealogico, creato sulla scorta di scritture inoppugnabili e comprovante l’antica nobiltà famigliare. In epoca lontana la famiglia Amenduni s’imparentò con i D’Aquino di Taranto ed uno Scipione Amenduni fu Marchese di Palagiano, feudo oggi posseduto dal Principe Romanazzi Carducci. Poscia contrasse parentela con i Vaglies, Martelli, Sorresse e Calìa, antiche famiglie baresi, con i Valdaura di Terlizzi ed in epoca più prossima con i De Angelis Effrem, i Lenti di Noci, i Gonnelli di Turi, i Capano di Corato, i De Stefano di Cassano ed i De Gemmis di Bari.
Un’Amenduni fu madre di Mons. Davanzati, Arcivescovo di Trani e celebre storiografo, col quale si estinse il nobile casato Davanzati, che figurò per circa dieci secoli fra il migliore patriziato fiorentino.
Un Giovanni Vincenzo Amenduni meritò, in seguito alla morte dell’Arcivescovo Domenicano fra Tommaso Ruffo, la carica di Vicario Capitolare della sede vacante della Città di Bari, carica che riottenne quando, nel 1683, morì Monsignor Granafei. Un fratello di questo Canonico, dottore in Legge e Sacra Teologia, a nome Vincenzo, ebbe da Maria Anna d’Austria, curatrice e tutrice di Carlo II nel 1680, il nobile ufficio, sua vita durante, di Portulano di Bari.
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Nel 1603, col matrimonio fra Giandomenico Amenduni ed Isabella Trotti, s’inizia il ramo degli Amenduni di Casamassima.
Dal dottor Giandomenico nacquero due figli maschi; il primo Nicolantonio, Primicerio della Chiesa Collegiata di Casamassima, ed il secondo, Donato Lorenzo, Dottore in Giurisprudenza, sposatosi con Antonia Troilo del Magnifico Francesco Antonio Troilo, Dottore in Legge, a sua volta figlio del Balì dell’ordine di Malta, investito in quel tempo del feudo di Putignano. Fu appunto questo Dottore Donato Lorenzo che nel 1660 sui ruderi di una vecchia cappella dedicata alle anime del Purgatorio, edificò l’attuale Chiesa di S. Michele Arcangelo, di proprietà e, per oltre duecento anni, sepolcro degli Amenduni.
Per oltre due secoli si successero nella famiglia i nomi di Diego e Donato. Quasi tutti addottorati in Legge e che coprirono degnamente la carica di Sindaco del Paese. Nel 1733 un Donato Lorenzo, per meriti personali ed atavici, con Decreto del Re Carlo di Spagna fu sottratto alla giurisdizione feudale. Da allora la famiglia godé il privilegio di rimanere libera, alla diretta dipendenza della Corte di Napoli.
Nel 1808 nacque un altro Donato Lorenzo che si dedicò principalmente all’agricoltura, pur avendo coperto varie volte la carica di Sindaco. Fece parte per molti anni dello squadrone di Guardie d’Onore del Re Ferdinando II Borbone, corpo reclutato fra il patriziato del Regno e nel 1860 fu il primo rappresentante di Casamassima al Consiglio Provinciale di Bari. Da quest’ultimo Donato Lorenzo e da Aurora Turco nacquero due figli: Diego, Dottore in Legge che si stabilì a Bari, dando origine all’attuale famiglia colà residente; ed Ascanio che, nato nel 1833, diede nuovo lustro alla famiglia con la sua alta intelligenza e signorilità. Compì i primi studi a Trani, che completò poi a Napoli allo studio del celebre Architetto Enrico Alvino, addottorandosi in Ingegneria ed Architettura nel 1855. Anima d’artista, coltivò con passione la musica e, benché dilettante, fu altamente apprezzato da professionisti di valore. Sposatosi nel 1863 con Franca Perrone Capano, di quell’eccelsa famiglia di giuristi e magistrati, cominciò ad esercitare la professione libera e poi entrò come Capo Sezione nella Società Belga che allora costruiva la Ferrovia Bari-Taranto, assumendo la direzione dei lavori del tratto Grumo-Gioia, risiedendo in Acquaviva e circondandosi di vive simpatie. Per il suo disinteresse fu consulente e progettista tecnico di quasi tutti i Comuni vicini, da Rutigliano, Conversano, Putignano a Cassano, Acquaviva e molti altri. Fu rispettato, stimato ed amato da tutti coloro che lo conobbero, e non furono pochi, in tutta la Provincia, nelle sue multiformi manifestazioni artistiche. Nel novembre 1920 chiuse serenamente per sempre gli occhi.
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Degni suoi figli sono Diego e Donato. Il primo Generale di Divisione della riserva. Studiò alla Nunziatella ed all’Accademia Militare di Torino. Da Maggiore di Artiglieria comandò il fuoco alla Battaglia delle Due Palme, col Generale Ameglio, a Bengasi. Fu decorato di Medaglia d’Argento al valore. Partecipò da Colonnello a tutta la guerra mondiale e l’Armistizio lo trovò sul Monte Grappa Comandante di Artiglieria Divisionale.
L’altro figlio, Donato, erede della paterna passione per la musica, frequentò il Conservatorio di San Pietro a Maiella di Napoli. Fu allievo del maestro Vincenzo Lombardi ed avrebbe percorsa la carriera artistica, se ragioni di affetto e d’interesse famigliare non gli avessero tarpato le ali. E’ stato diverse volte Sindaco del Comune ed ha ricoperto con decoro e competenza varie cariche Provinciali. Ora è Vice Presidente dell’Unione Provinciale Agricoltori e Presidente Provinciale della categoria Proprietari con beni affittati.
Il figlio di lui rag. Ascanio, cassiere del Banco di Napoli, continua degnamente le tradizione famigliari di dirittura morale. Partecipò alla Marcia su Roma ed ha assolto ed assolve mandati di fiducia nel Partito.
Tratto da “Puglia d’Oro”
L’edizione originale è disponibile nel volume “Puglia d’Oro” pubblicato dalla Fondazione Carlo Valente onlus con Edizioni Giuseppe Laterza srl, come ristampa dei tre volumi curati negli anni 1935, 1937 e 1939 da Renato Angiolillo.
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